giovedì 30 agosto 2018

Nova Siri (MT)

Nova Siri (il suo antico nome era Bollita) è un comune italiano di 6.819 abitanti[1] della provincia di Matera in Basilicata. Situato sulla costa jonica, si divide in Nova Siri paese, o centro (in dialetto u paìs), e Nova Siri Marina, o scalo (in dialetto a staziòn). Confina con i comuni di: Rotondella (7 km), Rocca Imperiale (CS) (11 km), Nocara (CS) e Canna (CS) (13 km) e Valsinni (15 km). Dista 75 km da Matera e 139 km dal capoluogo di regione Potenza.

Territorio

Il territorio comunale di Nova Siri sorge a 355 m s.l.m. nell'estrema parte sud-orientale della provincia di Matera, al confine con la parte sud-orientale della provincia di Potenza e la parte nord-orientale della provincia di Cosenza. Si estende su una fascia mare-montagna, con direttrice sud-nord; pertanto si hanno notevoli differenze geo-ambientali, in cui si distinguono tre distinti settori: marittimo, collinare e basso-montano.
Il territorio marittimo comprende una fascia costiera estesa per circa tre chilometri, che si affaccia sul golfo di Taranto, facente parte del mar Ionio, nel territorio comunale si ha la presenza delle foce di alcuni brevi torrenti (San Nicola, Toccacielo). Tali corsi d'acqua, attraversando il territorio comunale da nord a sud, divenendone confine e comunale e regionale, infatti, il torrente Toccacielo con la sua foce (riserva faunistica del WWF, in cui trovano rifugio alcuni trampolieri comuni nel bacino mediterraneo (tra cui ricordiamo l'airone cenerino) insieme ad altri uccelli marini come la gabbianella); la foce del torrente viene a trovarsi a pochi metri dal confine con il lido del comune di Rotondella.
Questa contrada comunale sud-orientale, che la toponomastica locale definisce Laccata, è riconosciuta anche a livello provinciale, vi si sviluppa, infatti, la strada provinciale della Laccata, che viene ad essere la conclusione naturale del vecchio tracciato che un tempo era il percorso della strada provinciale ex-S.S.104 Sapri-Ionio, la quale attualmente congiunge la frazione Marina, innestandosi con la Strada statale 106 Jonica, con il centro storico.
In contrada Laccata l'amministrazione comunale ha posto la realizzazione dello Stadio comunale.
Il torrente San Nicola, maggiormente similare a una fiumara, diviene il confine occidentale del territorio comunale provinciale e regionale, dal momento che si pone a ridosso del confine della regione Basilicata dalla regione Calabria. La caratteristica geografica maggiormente evidente dei due torrenti è data dal differente sviluppo idrografico; infatti il Toccacielo nel suo percorso non abbandona il territorio comunale, ponendosi come un confine naturale del territorio amministrativo, mentre il San Nicola, deviando verso ovest a circa tre chilometri dalla foce, sconfina nella regione Calabria.
La costa sabbiosa è ricca di dune naturali, su cui l'avena marina cresce e prospera, in unione ad altre piante marittime, (asfodelus-asfodelo, Salsola kali-Salsola, Eryngium maritimum-calcatrèppola marina); la sabbiosità sia interna che marittima rappresenta un notevole distacco con il fondale e la costa ghiaiosa della vicina Rocca Imperiale, tuttavia questo aspetto avvicina la costa lucana allo Jonio alla costa della vicina Puglia. Altra caratteristica arborea della zona marittima sono le pinete e gli eucalipteti, questi ultimi piantumati in tempi recenti (prima metà del secolo XX) non solo per bloccare il degrado delle spiagge e la desertificazione, ma anche per impedire il proliferare, in zone bonificate, della malaria, utilizzante come veicolo di contagio le zanzare palustri. Tali impianti prosperano poiché gli eucalipti, assorbendo le acque reflue, ne impediscono la stagnazione permettendo così alla flora mediterranea di riprendere a svilupparsi (grazie all'aiuto sia dell'uomo sia della natura) evitando che marcisca per la presenza di troppa acqua. Lungo i viali e all'interno delle zone arboricole inselvatichite prosperano il rosmarino, l'oleandro e numerose piantagioni fruttifere (soprattutto impianti di alberi del genere prunus-pescheti, albicoccheti, pruneti-ma anche agrumeti) annuali.
Risalendo verso nord, lungo l'ex-strada provinciale 104 (Sapri-Ionio), e superata la demarcazione della SS 106, la fascia costiera, occupata in parte da Nova Siri Marina, lascia posto a zone agricole in cui si coltivano ulivi, aranci, campi di susini (prunus domestica). In spazi vuoti o abbandonati o appartenenti al demanio si possono notare la presenza di alberi tipicamente rustici e fortemente legati al territorio come il pero selvatico o (Piràinu) o le querce, indice della boscosità antica del territorio, sostituite in tempi immemori dagli ulivi, che, tuttavia, dimostrano sia l'antichità degli impianti con la loro maestosità sia la forte antropicizzazione dei luoghi. Altre specie floreari del territorio sono il finocchio selvatico o finocchietto, la cicoria selvatica, il tarassaco, il cardo selvatico o carciofo selvatico mentre alcune zone sono colonizzate dalla calendula.
Superato il centro storico di Nova Siri, il territorio diviene basso-montano sia come temperature sia come flora. In esso si riscoprono sia gli arbusti della flora mediterranea sia gli alberi tipicamente montani in quantità tali da far ricordare le foreste di territori geograficamente vicini, come il monte Pollino, il quale è il cuore del parco nazionale omonimo, pertanto si incontrano zone con querceti, con pinete non impiantate e ricche zone di crescita di peri selvatici su cui il vischio prospera. 

Storia

La posizione del centro antico (castello) evidenzia una precedente funzione di avamposto militare e civile forse di origine romana o, più probabilmente, bizantina, a presidio delle coste ioniche, durante l'età delle scorrerie dei saraceni, la cui funzione è attestata dalla torre cavallara presente sulla costa, di proprietà attualmente dei Battifarano.
L'antico nome Bollita (la cui origine è discussa poiché potrebbe derivare o dall'antico Boletum presumibilmente ovvero dalla forma ovoidale della collina che richiamerebbe alla mente il cappello del fungo porcino (boletus edulis o dalla presenza di polle d'acqua sorgive, richiamando l'antico senso di acqua che bolle) venne abbandonato in favore della denominazione attuale per la presenza in questo territorio, attestata da Strabone nella sua opera Geografia, della città di origine greca Siris.
Successivamente, fra il XIV e il XVI secolo fu feudo della famiglia spagnola Sandoval de Castro, il cui più famoso esponente fu don Diego Sandoval de Castro, amante della contessa Isabella Morra, figlia del conte Morra signore di Favale (antica denominazione di Valsinni).
Fu culla della famiglia Settembrini (il cui palazzo gentilizio si trova nella zona Porticella, antica denominazione del quartiere orientale della cittadina) che, trasferitasi a Napoli agli inizi del XIX secolo, diede i natali al patriota e scrittore Luigi Settembrini. La cittadina nella seconda metà dell'Ottocento fu centro di un gruppo risorgimentale affiliato alla giovine Italia [2] di cui un esponente fu Pietro Antonio Battifarano, che partecipò all'impresa garibaldina arruolandosi, presso Capua a un reggimento di camicie rosse.
Sotto il profilo urbanistico l'abitato iniziò a svilupparsi nella seconda metà del XX secolo, prima sulla collina orientale in cui era posto il cimitero antico (attualmente posizionato in contrada San Megale), poi, dagli anni settanta del Novecento, soprattutto lungo l'asse viario che collegava il centro, mediante la allora SS 104 Sapri-Jonio (attualmente declassata a strada provinciale di viabilità secondaria) con la stazione ferroviaria e la frazione Marina, a ridosso della SS 106 Reggio Calabria- Taranto. Nova Siri Marina ha conosciuto, da allora, un notevole sviluppo demografico divenendo una nota stazione balneare che attira villeggianti non solo dai paesini dell'entroterra lucano e calabrese, ma anche dal resto d'Italia e dall'estero.
L'essere situata nel cuore dell'antica Magna Grecia, tra Taranto e Crotone, in un'area unica sotto il profilo storico e di facile accesso (tramite la SS 106), rende agevole la visita dei vicini siti archeologici di Policoro, con l'antico sito di Heraclea, Metaponto di Bernalda antico centro culturale magnogreco, Matera con il sito UNESCO delle chiese rupestri. Se si utilizzano le vie interne lucane sono facilmente raggiungibili Tricarico, Vaglio, Venosa, Grumento Nova, Craco, tipico centro urbanisticamente disabitato. Immettendosi sulla SS 106, in direzione Reggio Calabria, si toccano Rocca Imperiale, con il suo castello federiciano, Montegiordano, Roseto Capo Spulico, Trebisacce e le antiche città magnogreche di Sibari e Crotone.

Pizzo Calabro (Vibo Valentia)

Pizzo (anche nota come Pizzo Calabro, U Pìzzu in calabrese[2]) è un comune italiano di 9 302 abitanti[1] della provincia di Vibo Valentia in Calabria.
È rinomata per la produzione del gelato noto come "tartufo" e per la qualità gelatiera in generale, tant'è che Pizzo è definita come "città del gelato". 

Territorio 

Pizzo è un borgo sulla costa, arroccato su di un promontorio al centro del Golfo di Sant'Eufemia. Il suo territorio comprende una costa frastagliata, contraddistinta da spiagge sabbiose in alcuni tratti e da scogli in altri. Sulla costa Nord Est, dalla pineta Mediterranea fino alla rocca si estendono quasi 9 km di ampie spiagge sabbiose. Al termine della contrada Marinella si alza la montagna di Vibo, che fa da cortina al territorio, che ha il suo confine con Maierato e Vibo Valentia in alto, sul crinale delle colline. Più a Sud, dove si innalza il masso tufaceo su cui nasce e si sviluppa Pizzo, la costa diventa rocciosa con numerose calette e zone ricche di scogli naturali, nonché diverse grotte, fra cui la Grotta Azzurra, riaperta negli ultimi anni, dopo vari interventi per la protezione dal moto ondoso.
Nella zona centrale c'e' la spiaggia della Seggiola, piccolo fiordo al centro del masso tufaceo su cui è arroccato l'abitato su cui domina il Castello Aragonese eretto nella seconda metà del XV secolo da Ferdinando I d'Aragona e la Marina, graziosa località balneare nonché ritrovo notturno. 

Storia

Come per molte altre località calabresi, nei secoli scorsi è stata cercata una origine nell'antica Magna Grecia, con qualche eroe eponimo. Così oggi alcuni ripetono che Pizzo è stata fondata da Nepeto ai tempi dell'antica Grecia. Ma non c'è nessuna evidenza di ciò, anche se localmente qualcuno usa per motivi commerciali la dizione Napitia "napizia", e la voce "napitini per gli abitanti. Ci sono notizie certe dell'esistenza di un forte e di un borgo solo a partire dal 1300, e dell'esistenza della comunità di monaci Basiliani, mentre restano tracce nel territorio di un'antica attività di pesca, specialmente al tonno. Il nome Pizzo ( = becco d'uccello, punto sporgente) si attaglia perfettamente al promontorio tufaceo che sporge sul mare, elevandosi dalla foce del fiume Angitola, fino alla spiaggia della Marina, dove fu collocato nel XV secolo anche il piccolo forte Aragonese, detto oggi Castello Murat, per i tragici eventi del 13 ottobre 1815.
La posizione forte, e il castello favorirono la crescita del borgo marinaro, anche per la fortunata attività di pesca del tonno. Per secoli, i tonni dominarono il mondo raggiungendo a milioni le spiagge del golfo di S. Eufemia, e qui sorsero i famosi tonnocastelli di Bivona e di Pizzo. Proprio a fianco della Chiesa della Piedigrotta, nella spiaggia denominata Prangi, nella zona detta Centofontane, per l'esistenza ancora attuale di moltissime fonti di acqua dolce, il rais ed i suoi uomini collocavano, fino agli anni settanta la tonnara che veniva tenuta da cavi che partivano dalle rocce a terra, sotto l'attuale Chiesa di S. Francesco di Paola. Nelle rocce a mare ci sono le tracce di questa attività. È crollato l'arco di pietra che teneva il cavo, ma si notano piscine, scale, scavi, vaschette, irrorati dalle fonti di acqua dolce oggi poco copiose, dove probabilmente si lavavano i tonni. Nel mare appaiono sommersi oggi cinque lunghi moli perpendicolari, in località Prangi /CentoFontane / grotta del Bue.
Nella zona Piedigrotta /Prangi sono quasi crollate le grotte del Bue (si pensa che ci fosse ancora in epoca ottocentesca la foca monaca, detta bue marino), e del Saraceno /Centofontane. La grotta del Saraceno, immensa, oggi pericolante è oggetto di una tradizione secondo cui per anni fosse usata dai pirati saraceni e barbareschi, come deposito delle prede e delle persone catturate nelle incursioni nei paesi dell'interno. Ciò è possibile considerando che quella zona del litorale è rimasta spopolata per secoli proprio a causa dell'incessante azione banditesca di pirati di diversa origine, impegnati nella cattura del bestiame umano (schiavi), forza motrice dell'antichità. Pizzo era famosa in epoca borbonica come località di arrivo della nave postale da Napoli, anche se non aveva un porto vero e proprio, e come posto di provenienza di pesci prelibati, in primis il tonno, fresco o sott'olio. I re Borboni spesso facevano richiesta di tonno ed altri pesci, per cui Pizzo andava famosa.
I Borboni fecero qualche intervento per Pizzo, e c'è traccia del viaggio del 1854 del Re Ferdinando II, che venne in Calabria con l'esercito napoletano in esercitazione armata, e con il figlio Francesco (da lui chiamato Ciccillo). Una notte il Re era rimasto impantanato alla foce del fiume Angitola, ed i Pizzitani gli offrirono ospitalità, in case signorili, ma il re volle accettare l'ospitalità del convento di San Francesco di Paola, cui era devotissimo. Si tramanda che il convento fosse assolutamente impreparato a ricevere il re e che non avessero nemmeno l'acqua. Sul corso c'è la targa che ricorda l'evento. Il castello testimonia la presenza degli aragonesi nel XV secolo.
Proprio in questo luogo, il castello Aragonese, fu tenuto prigioniero e in seguito condannato a morte Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte. Venne fucilato il 13 ottobre 1815, dopo alcuni giorni di prigionia e un processo fatto nella sala principale del castello e fu poi sepolto nella chiesa di San Giorgio. Oggi il castello aragonese di Pizzo viene denominato Castello Murat. All'interno del Castello c'è il museo provinciale murattiano.


domenica 26 agosto 2018

Tropea (Vibo Valentia)

Tropea (Tropaea in latino e Τράπεια in greco antico, "Trupìa" in calabrese) è una cittadina calabrese di antiche origini di 6 328 abitanti[3] della provincia di Vibo Valentia

Tropea è una cittadina sulla costa orientale della Calabria. 
È nota per il centro storico sulla scogliera, le spiagge e le apprezzate cipolle rosse. Costruita su un ex cimitero bizantino, la cattedrale del XII secolo custodisce sarcofagi in marmo e un dipinto della Madonna di Romania, protettrice della città. Nelle vicinanze si trova un belvedere con panorama sulle colline. L'antica chiesa di Santa Maria dell'Isola sorge su uno scoglio affacciato sul mare.
  
Territorio
La sua morfologia è particolare; si divide infatti in due parti: la parte superiore, dove si trova la maggior parte della popolazione e dove si svolge la vita quotidiana del paese, e una parte inferiore (chiamata "Marina"), che si trova a ridosso del mare e del porto di Tropea. Tra le altre zone periferiche, vi sono la località "Carmine" e la località "Campo" (divisa a sua volta in "Campo di sopra", che è prevalentemente occupato da orti e campagne con qualche zona residenziale, e "Campo di Sotto", dove hanno sede la locale caserma del Comando dei Carabinieri, l'Ospedale Civile e l'indirizzo Alberghiero e per la Ristorazione dell'IS Tropea). 
 


Tropea vista dall'Isola
Il Centro storico
La città, nella parte superiore, si presenta costruita su una roccia a picco sul mare, ad un'altezza s.l.m. che varia tra circa 50 metri nel punto più basso e 61 metri nel punto più alto. L'abitato storico era un tempo cinto di mura e incastellato su di un lato; vi si poteva accedere solo attraverso delle porte provviste di sistemi di difesa.



Ricadi (Vibo Valentia)

Ricadi (Rhegàdion/Ρηγάδιον in greco antico) è un comune italiano di 5.000 abitanti in provincia di Vibo Valentia.
A nord confina con il comune di Tropea, a sud con quello di Joppolo e ad est, verso l'entroterra (Monte Poro), con quelli di Drapia e di Spilinga, tutti appartenenti alla provincia di Vibo Valentia. Ad ovest, invece, è bagnato per 12 km dal mar Tirreno.

Territorio

Ricadi - Il mare al tramonto e lo Stromboli
Il comune di Ricadi è situato tra il golfo di Sant'Eufemia (Lamezia Terme - CZ) e quello di Gioia Tauro (RC). Proprio il promontorio di Capo Vaticano divide i due golfi calabresi.
Adagiata alla base dell'altopiano del Monte Poro si estende fino al mare con il promontorio di Capo Vaticano. Interessanti i fondali di Formicoli, dove si può ammirare una distesa di massi, per lo più di roccia granitica, ricchi di fauna. Presso Grotticelle, Riaci e Tono spiagge di sabbia bianca e finissima. La particolare morfologia dei territorio con valli e profonde incisioni fluviali su un territorio dal tipico “terrazzamento a gradoni” permette di raggiungere agevolmente gli strati fossiliferi del Miocene. Conchiglie tipiche dei mari tropicali, denti di squalo, coralli, si accompagnano a ritrovamenti di parti scheletriche di mammiferi marini e continentali.
In alcune vallate è ancora presente una rara felce gigante, la felce bulbifera.

Venti

I venti che spirano lungo le coste di Ricadi sono il ponente (ovest), lo scirocco (sud-est) e il libeccio (sud-ovest), molto pericolosi per chi si vuole addentrare in mare per la pesca o per esercitare sport acquatici. Il maestrale (nord-ovest), vento prevalente, invece, non crea quasi mai alcun disagio alla collettività marina.
La spiaggia di Grotticelle
Chiesa S. Nicola in San Nicolò (fraz.)

Storia

Il territorio di Ricadi è abitato sin dai tempi remoti: già dal periodo preistorico e precristiano. Ne sono testimoni i numerosi reperti archeologici rinvenuti, alcuni dei quali sono ben conservati al museo nazionale di Reggio Calabria.
Greci, cartaginesi, romani, bizantini, arabi, normanni hanno inoltre segnato notevolmente il territorio, creando le prime infrastrutture viarie e difensive (torri a difesa delle coste e dei fiumi) e influenzando gli usi, la lingua (il dialetto) e i toponimi. Molti resti e reperti di indubbio valore archeologico sono tuttora visibili.
Ricadi e i villaggi limitrofi furono dei casali dipendenti da Tropea fino al 1799, anno in cui venne riconosciuta l'indipendenza grazie all'intervento di un generale francese, Championnet (che conquistò il Regno di Napoli), dando un nuovo assetto amministrativo ai cantoni di Tropea.
Ricadi divenne poi un comune del distretto di Monteleone (l'attuale Vibo Valentia), appartenente alla Calabria Ulteriore, grazie a un decreto del 1811, col quale vennero assegnate alcune frazioni, molte delle quali sono tuttora rimaste nella giurisdizione del comune.

giovedì 16 agosto 2018

Roccaraso (L' Aquila)

Roccaraso è un comune italiano di 1 630 abitanti della bassa provincia dell'Aquila in Abruzzo. Situata ai margini meridionali dell'Altopiano delle Cinquemiglia, appartiene alla Comunità montana Alto Sangro e altopiano delle Cinque Miglia. I suoi impianti sciistici, appartenenti al comprensorio sciistico dell'Alto Sangro, la rendono tra le maggiori stazioni turistiche montane dell'intero Appennino
È da sempre considerata la patria sciistica dei partenopei: con lo sviluppo legato al turismo sono sorte numerose residenze per la borghesia partenopea. 

Territorio
Roccaraso è posta nella bassa provincia dell'Aquila pochi km a sud dell'altopiano delle Cinquemiglia, sovrastato ad ovest dal Piano Aremogna e dai monti di Roccaraso (sottogruppo del Monte Greco). Il centro cittadino è situato a 1236 metri sul livello del mare. 

Monumenti
Roccaraso fino al 1943 appariva come un borgo medievale arroccato su una scarpata, costituito da case in pietra grezza, addossate l'una sull'altra. Dopo la seconda guerra mondiale il centro fu quasi completamente distrutto, e di storico perse la Torretta del Castello, di cui alcune foto storiche mostrano la pianta rettangolare irregolare con coronamento in merlature, usata dall'800 come torre dell'orologio. Si trovava di fronte alla chiesa dell'Assunta, dove oggi vi è un albergo. Di interesse, al livello storico-artistico Roccaraso oggi ha ben poco, tranne il borgo medievale di Pietransieri e la chiesa barocca di San Rocco. Sopra il monte Aremogna, in ricordo della battaglia contro i tedeschi, è stato collocato il Monumento ai Caduti senza Croce, realizzato in cemento con due contrafforti che, a mo' di triangolo isoscele sorreggono una cappella con un'alta croce centrale latina.

Martinsicuro (Teramo)

La cittadina di Martinsicuro è situata nella Val Vibrata, in Abruzzo; a nord confina con San Benedetto del Tronto e Monteprandone, ad est è bagnata dal Mare Adriatico e ad ovest è confinante con il comune di Colonnella. 
Il litorale abruzzese vanta sette località conosciute per il mare cristallino e la notevole cura delle spiagge, che negli anni hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento “Bandiera Blu”, come Alba Adriatica, Roseto degli Abruzzi, Pineto, Silvi Marina e Martinsicuro, che è la prima cittadina che si incontra arrivando da nord.
Martinsicuro, grazie al mare Adriatico che si dona nella sua limpida colorazione turchese, alle dune sabbiose del litorale che tracciano un paesaggio suggestivo, agli stabilimenti balneari in grado di offrire confort e divertimento, è una località che vede il turismo come principale risorsa economica, mantenendo però un’attenzione costante per il territorio, per le sue bellezze naturali e storiche.

La spiaggia di Martinsicuro è il lido principale dell’omonima cittadina. Qui il mare e la sabbia dorata sono serviti da strutture turistiche e abitazioni residenziali. L’accogliente lungomare è orlato da palme e offre esercizi commerciali, chioschi e due aree dunali di notevole interesse naturalistico.
Il mare che bagna Martinsicuro è bellissimo, cristallino e con fondali che digradano dolcemente, ideale per il bagno e per praticare diversi sporti acquatici: sarà fantastico nuotare in queste acque color turchese per poi lasciarsi cullare dal dondolio delle onde che fanno del mare di Martinsicuro il motivo per il quale la località nella stagione estiva è spesso affollata.
Se riuscirete a staccarvi dalla bellezza del mare di Martinsicuro e delle sue gradevoli spiagge, potreste dedicarvi ad una visita del centro cittadino, che sarà in grado di entusiasmarvi altrettanto quanto la zona balneare. A dominare l’abitato c’è il cinquecentesco Torrione di Carlo V, eretto nel 1547 per ordine di Martin De Secura. Attorno a questo edificio concepito in origine per difendere la costa dalle incursioni nemiche via mare, si strutturò nei secoli il resto del paese.
La torre di Carlo V ospita all’interno il nuovo Antiquarium di Castrum Truentinum, che raccoglie reperti ritrovati nella zona del Colle Marzio a partire dal 1991 quando si diede inizio ad una notevole campagna di scavi gestita dalla Sovraintendenza per i beni archeologici dell’Abruzzo. Fra oggetti di età preistorica, della Tarda Età del Bronzo è possibile ammirare una tomba longobarda ritrovata presso il fiume Tronto.
Una volta visitato il Torrione recatevi alla chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù risalente al Novecento; al suo interno custodisce il dipinto absidale di Giuseppe Pauri. Di fronte alla chiesa potrete ammirare “Villa Bernabei” residenza signorile del 1866.
Chi ama dedicarsi a qualche attività per tenersi in forma può decidere di percorrere un tratto del percorso ciclabile chiamato Corridoio Verde Adriatico in corso di realizzazione che presto collegherà la foce del Po alla Puglia per un totale di 1.000 chilometri da attraversare in bici fra bellissimi panorami.
Spostandovi da Martinsicuro per raggiungere Villa Rosa, una sua frazione, potreste visitare le fornaci Franchi e Fiore importanti stabilimenti per la produzione di laterizi fino al XX secolo e oggi in disuso. Concedetevi qualche ora di relax su alcune delle spiagge della località che non hanno nulla da invidiare a quelle di Martinsicuro tanto da rendere la frazione rinomata località turistica.
Il clima di questa zona è di tipo mediterraneo; la stagione estiva di Martinsicuro è mitigata dall’azione del mare da cui si leva una gradevole brezza e gli inverni non sono mai troppo rigidi. Se state sognando il mare di Martinsicuro, per raggiungere la città avete varie soluzioni a vostra disposizione. Chi preferisce organizzare il proprio viaggio in automobile dovrà percorrere l’autostrada Adriatica A14 in direzione Ancona se si arriva da nord, mentre se si arriva da sud in direzione Pescara uscendo a San Benedetto del Tronto-Ascoli Piceno, e proseguire sulla SS16 Adriatica fino a Martinsicuro.
Per chi invece ama spostarsi in treno può raggiungere le stazioni di Alba Adriatica distante 6 chilometri da Martinsicuro, oppure quella di San Benedetto del Tronto a 10 chilometri; una volta scesi dal treno potrete proseguire il vostro viaggio verso Martinsicuro usufruendo degli autobus delle Autolinee regionali Arpa. Se vorrete invece raggiungere Martinsicuro viaggiando in aereo, occorre sapere che gli aeroporti più vicini sono quella di Pescara che dista circa 58 chilometri e quello di Ancona a 103 chilometri di distanza.
Fonte: "https://siviaggia.it/borghi/cosa-fare-martinsicuro-bel-borgo-mare-abruzzo/196604"

giovedì 9 agosto 2018

San Pellegrino Terme (BG)

San Pellegrino Terme (San Pelegrì in dialetto bergamasco) è un comune italiano di 4.826 abitanti della provincia di Bergamo, in Lombardia.
Collocata al centro della Val Brembana e circondata dalle Prealpi Orobie, è una rinomata località climatica di cura e di soggiorno, conosciuta in tutto il mondo per via dell'omonima acqua minerale, la S. Pellegrino. Fa parte della Comunità Montana della Valle Brembana.
Considerata la capitale della Valle, conserva, all'interno dei propri confini, importanti testimonianze della Belle Époque in perfetto stile Liberty, quali il Grand Hotel, il Casinò Municipale e le Terme. 

Territorio
San Pellegrino Terme è situato lungo le rive del fiume Brembo, che divide in due il paese, ed è situato in una valle naturale, circondata da rilievi la cui vetta più alta è rappresentata dal monte Zucco che raggiunge i 1366 m s.l.m. (detto "Gioco" per distinguerlo dall'altro Zucco di 1232 metri).
Il territorio comunale di San Pellegrino Terme confina a nord con San Giovanni Bianco, a ovest con Gerosa, a sud-ovest con Brembilla, a sud con Zogno, a est con Bracca, Algua e Serina, a nord-est con Dossena.

Vista San Pellegrino Terme.jpgServito dalla ferrovia Bergamo-Piazza Brembana fino agli anni sessanta, da allora il paese è collegato a valle solo con la strada provinciale, che dal dicembre 2003 non attraversa più il centro abitato dopo l'inaugurazione di due gallerie - passanti sotto i rilievi della sponda sinistra del Brembo - che permettono uno scorrimento più veloce del traffico verso l'alta valle.
San Pellegrino dista 24 chilometri a nord da Bergamo e 54 chilometri a nord-est da Milano.

 Il Grand Hotel
Grand Hotel di San Pellegrino
Il Grand Hotel è un colosso di sette piani, anch'esso in stile Liberty, sormontato da grandi calotte lignee a dirigibile. Costruito nel 1905 era modernissimo per l'epoca: era infatti provvisto di ascensori, luce elettrica, acqua potabile e telefono in tutte le trecento camere. All'interno troviamo la hall con un gigantesco lampadario, stucchi, colonne e decorazioni; poi uno scalone con decorazioni in cemento e ferro conduce al piano superiore. L'edificio è costituito da un corpo centrale coronato da una cupola e da due imponenti blocchi laterali.
Il Grand Hotel era destinato ad una classe sociale elevata ed infatti nel suo registro degli ospiti si trovano i nomi di importanti protagonisti della storia, della letteratura e della vita politica: i più prestigiosi sono quelli della regina Margherita di Savoia, che vi soggiornò ad inizio Novecento, e della regina Elena di Savoia, che fu ospite del Grand Hotel nel 1925 insieme al principe Umberto e alla principessa Maria. Vi soggiornarono persino due nobel della letteratura italiana: Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo e due grandi del nostro cinema come Ugo Tognazzi ed Ornella Muti. Fu ospite di questo Grand Hotel anche il generale Luigi Cadorna.
L'hotel è chiuso dal 1979 ed è stato utilizzato per alcuni anni come sede di aste d'arte.


Juventus Training Center (Vinovo)

Lo Juventus Training Center anche noto con l'acronimo JTC è un complesso civile-sportivo di proprietà della società calcistica italiana Juventus Football Club.

Opera dagli studi GAU e Shesa, e inaugurato il 15 luglio 2006 come Juventus Center, si divide principalmente tra l'area training deputata all'attività fisica, e quella media and sponsor riservata alle esigenze dei mass media; è inoltre sede del liceo scientifico-sportivo J-College.

Ritenuto tra i più moderni centri sportivi al mondo, Vinovo — com'è colloquialmente noto per via del comune in cui sorge — ha ospitato la prima squadra maschile della Juventus dal 2006 al 2018; ospita tuttora le partite e gli allenamenti della prima squadra femminile, e di tutto il settore giovanile bianconero (maschile e femminile).
Occasionalmente, è stato inoltre sede di ritiro della nazionale italiana durante le qualificazioni al campionato del mondo 2014 e 2018.
Il centro sportivo si trova in via Stupinigi n.182 a Vinovo, comune dell'hinterland torinese.


mercoledì 8 agosto 2018

Fara San Martino (Chieti)

Il borgo di Fara San Martino è immerso nella splendida area naturalistica del Parco Nazionale della Majella ed è definito come “capitale mondiale della pasta”, data la presenza di celebri pastifici come De Cecco, Delverde e Cocco, sul suo territorio.

Fara San Martino_panorama_MajellaLe gole della Valle di Santo Spirito e della Valle Serviera incorniciano il centro abitato di Fara San Martino che, a sua volta, domina il paesaggio sul fiume Verde, le cui acque sono fondamentali per l’economia delle industrie della pasta.

Terra vecchia, la parte più antica del borgo, conserva intatta la struttura di borgo fortificato sopravvissuta al secondo conflitto mondiale, alla quale si può accedere attraverso la Porta del Sole per poi proseguire tra le intricate vie che caratterizzano questa zona del borgo.
Nel territorio di Fara San Martino e della vicina Palombaro è istituita la “Riserva Statale Fara S. Martino – Palombaro”. 
Vaste aree coperte da faggi, pino mugo, pino nero e altre specie botaniche di notevole interesse naturalistico, abitate da numerose specie di uccelli, dall’Orso Bruno Marsicano e dal Lupo Appenninico, caratterizzano la riserva.

lunedì 6 agosto 2018

Magica visita a Pescasseroli (L' Aquila)

Tra i tanti estimatori di quella che a ben ragione è stata definita la capitale storica del  Parco Nazionale d'Abruzzo, del Molise e del Lazio, ci sono due illustri personaggi della letteratura italiana che hanno lasciato un segno indelebile nel paese con i loro versi: oltre a Dacia Maraiani, Benedetto Croce. Il filosofo, nato a Pescasseroli nel 1866 e al quale è stata intitolata una piazza, sosteneva che il nome significasse masso presso il fiume Sangro, da Pesculum Seroli, dal tardo latino Pensulu, "roccia sporgente, a picco, adatta per la costruzione di case", massa della montagna.  La parte più antica dell'abitato è infatti costruita proprio ai  piedi dello sperone roccioso (Pesco) su cui si trovano i resti di "Castel Mancino" dove,  per la particolare posizione strategica, è ipotizzabile un "Presidium" a controllo della alta valle del Sangro con la sua torre più imponente e rettangolare cinto da cinque torri, vero forte  inespugnabile teatro di numerose lotte  per il controllo della zona da parte di numerosi casati.

 La scrittrice Dacia Maraini, che viene spesso da queste parti per scrivere e ritrovare la pace perduta nella vita della città, adora questo paese immerso nella quiete montagne dell’Appennino Abruzzese. “Ci si affeziona a Pescasseroli – racconta la scrittrice – forse per quel tratto di antica civiltà baronale e contadina che ha lasciato le sue tracce nella struttura del paese, nel modo di tagliare e montare i portali di pietra che costituiscono la sua eleganza, o forse per la saggezza dei suoi abitanti che pur costruendo alberghi su alberghi hanno saputo mantenersi fedeli alle tradizioni classiche.”

L’equilibrio tra natura e modernità è parte del fascino che contraddistingue Pescasseroli, che domina dall’altro dei suoi 1167 metri il centro della regione più verde d'Italia. Regno incontrastato dell’orso bruno morsicano, questo luogo è carico del mistero che nasce dalla presenza di foreste di faggi abitate da lupi e di camosci. Il Parco Nazionale, nato nel 1922, si estende su una superficie di oltre cinquantamila ettari sulla quale trovano ospitalità varie specie di mammiferi, volatili, rettili e anfibi e pesci. E se durante l’estate sono le escursioni al Parco a dominare gli itinerari dei turisti, d’inverno la zona si trasforma in un paradiso per gli sciatori.

Risultati immagini per pescasseroli abruzzoQui sono presenti due scuole sciistiche: quella di fondo a Macchiavano, sopra Opi, aperta da dicembre a marzo  che organizza lezioni per scuole, lezioni singole, collettive e per portatori di handicap,  e la Scuola Italiana Sci specializzata in corsi di discesa, a pochi chilometri da Pescasseroli. Meta di oltre due milioni di visitatori che ogni  anno scelgono questa località come meta sciistica ma anche come alternativa alla calura del mare estivo, Pescasseroli raccoglie una popolazione che da poco più di duemila anime arriva a punte di centocinquantamila durante tutta il corso dell’anno.


Il nome di Pescasseroli è legato non solo all’attività sportiva ed escursionistica, ma rappresenta anche un’occasione per staccare dalla grande città e ritrovare profumi, sapori d’altri tempi, primo fra tutti il gusto della cortesia  e del calore umano tipico della gente dell’Appennino abruzzese. Nel centro storico sono da vedere la Chiesa Barocca del Carmelo e la Chiesa Parrocchiale dei Santissimi Pietro e Paolo costruita intorno all’anno Mille. Al suo interno è conservata la Madonna Nera, oggetto di culto in gran parte dell’Italia centrale e meridionale, mentre i resti del Castello Mancino sono visitabili e si trovano sopra l’abitato di Pescasseroli.

Fonte:  http://www.turismo.it/natura/articolo/art/pescasseroli-gioiello-dabruzzo-id-710/

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