giovedì 29 novembre 2018

Livigno

Livigno è un comune italiano di 6 591 abitanti[2] della provincia di Sondrio in Lombardia. Gli studiosi oggi propendono per l'ipotesi che fa risalire il toponimo al latino tardo "labineus" (soggetto a lavine).
Secondo comune tra i più elevati d'Italia dopo Sestriere, è il più settentrionale ed il più esteso della Lombardia, nonché il più popolato fra i 27 comuni italiani posti oltre i 1.500 metri di altitudine sul livello del mare. Zona extradoganale, fa parte della Comunità montana Alta Valtellina ed è una rinomata stazione turistica invernale ed estiva delle Alpi.
  
Territorio
Livigno è una località dell'alta Valtellina posta a circa 1800 m di quota s.l.m., ai piedi delle Alpi di Livigno. Il paese si snoda lungo la strada che percorre per oltre 15 km l'intera valle attraversata dal torrente Aqua Granda (Spöl in tedesco) che convoglia le proprie acque verso l'Inn (Eno in italiano) e da questo al Danubio per finire nel Mar Nero. Livigno è quindi uno dei comuni italiani non appartenenti a bacini idrografici italiani


Lo Spöl scorre per metà del suo tratto iniziale nella Val di Livigno e per l'altra metà scorre nell'Engadina, in Svizzera. Il pericoloso passaggio dello Spöl in un vallone strettissimo, ripido e scosceso tra le due parti, storicamente è stato accesso di difficilissima percorrenza e spiega il relativo isolamento che la Val di Livigno ha subìto in passato. Gli altri due accessi sono valichi montani ad alta quota.
È raggiungibile dal resto del territorio nazionale unicamente dalla Valtellina attraverso il Passo del Foscagno, (mantenuto di norma aperto tutto l'anno), percorrendo la Strada statale 301 del Foscagno, oppure dalla Svizzera tramite la Forcola di Livigno (transitabile solo in estate), passando per la Valle di Poschiavo, altrimenti attraverso la galleria stradale, dall'Engadina. Il tunnel di circa 3,5 km di lunghezza è a corsia unica (senso unico alternato) e a pedaggio. La galleria collega la parte bassa e alta dello Spöl evitando il tratto impraticabile del torrente. 


Nel suo territorio è compresa la frazione di Trepalle, che si sviluppa fino a 2.250 metri s.l.m.. Tale quota ne fa l'abitato permanente più alto d'Europa. Eira è una località che dà il nome al passo omonimo.
Clima
Il clima di Livigno è tipicamente alpino, con inverni relativamente lunghi e sicuramente rigidi ed estati brevi e fresche. Le estati (soggette a tempo mutevole) sono pressappoco una prosecuzione della primavera che si fa prorompente dopo la metà di aprile e si fondono con l'autunno che tipicamente inizia con il primo giorno di settembre. Durante le ondate di freddo più intenso il termometro può precipitare fino ai -28 °C, durante le giornate estive più calde la temperatura non supera generalmente i +25 °C. Il sole è comunque nitido e intenso coi cieli tersi di quelle aree e l'elevazione considerevole sul livello del mare.
Storia
Il nome di Livigno compare per la prima volta in un documento redatto nel 1187. Verso il '300 si individuano i primi elementi storici di residenti stabili e organizzati, sottostanti al contado di Bormio. L'isolamento geografico ha da sempre condizionato ogni possibilità di progresso, benessere e crescita culturale.[3]
Nel 1538 la comunità si appella ai governanti Grigioni per ottenere una maggiore indipendenza nella gestione dei pascoli. Infatti i rapporti sociali, economici e politici erano prevalenti più verso l'area del canton Grigione anziché verso i padroni di Bormio, con i quali era in atto un contenzioso permanente. Nei tempi della Controriforma Bormio fu presidiata dai Gesuiti a difendere il cattolicesimo contro le infiltrazioni dei protestanti e Livigno si trovò in mezzo, tra i protestanti svizzeri e i Gesuiti di Bormio, con le complicazioni del caso. Nel '600-'700 in diversi momenti gli abitanti di Livigno riuscirono a ottenere e mantenere diverse forme di concessioni e autonomie di fatto, soprattutto sugli scambi di merci in esenzione dai dazi, sui sentieri di percorrenza e sulle fonti d'acquisto. Nel 1797, con la riorganizzazione dei terreni di Bormio sotto la Repubblica Cisalpina, Livigno diviene comune. Due anni più tardi, nel 1799, anche Trepalle viene inclusa nel territorio comunale. Nel 1801 viene stipulata la convenzione per l’arretramento della linea daziaria rispetto al confine politico, confermata anche dal Comando Napoleonico di Morbegno. Dopo il Congresso di Vienna, Livigno, come l'intero territorio della provincia di Sondrio, finisce sotto il diretto controllo austriaco. Nel 1819 viene stipulato un contratto con il quale l'Austria riconosce agevolazioni analoghe a quelle ottenute nel periodo napoleonico, ma con l'introduzione di novità rilevanti quali l'esenzione dell'acquisto di generi come sale, tabacco e polvere da sparo. Il trattato, con l'introduzione di modifiche, viene rinnovato nel 1825, 1829, nel 1840 e nel 1857. Dopo l'annessione al Regno d'Italia, nel 1877 il governo conferma la convenzione con una proroga triennale, rinnovata più volte, creando una situazione paradossale: Livigno godeva di privilegi garantiti dagli Austriaci sotto però il Governo italiano che non aveva legiferato. Mancanza alla quale si ottempera solo nel 1910, concedendo esenzioni gabellarie a favore del comune di Livigno. Nel 1914 l'esercito italiano costruisce la strada di collegamento Bormio-Livigno tramite il Passo del Foscagno, praticabile solo in estate; solo dal 1952 viene garantita anche l'apertura invernale. Nel 1960 comincia un limitato movimento turistico, ma è solo dopo il 1969, quando la galleria Munt La Schera (di servizio per la costruzione della diga del Gallo) viene aperto al traffico veicolare privato, che di fatto si dà inizio allo sviluppo turistico della località. Nel 1972 avviene l'istituzione dell'IVA e il relativo riconoscimento ufficiale della sua esenzione per la zona extradoganale di Livigno.

 

lunedì 5 novembre 2018

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Previsioni meteo dettagliate per Martedi 6 Novembre

Meteo nord-ovest
Maltempo con piogge e temporali sparsi per l'intera giornata, più intensi tra basso Piemonte e Liguria. Clima fresco, previsti 14° a Torino e 17° a Milano.
Vedi dettaglio previsione per: Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia

 
 Meteo nord-est
Asciutto su Emilia Romagna e basso Veneto per gran parte della giornata; piogge sparse e temporali altrove più intensi sul Trentino. Clima mite con 19° a Venezia nel pomeriggio.
Vedi dettaglio previsione per: Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna
 
 Meteo Centro
Qualche pioggia o rovescio bagnerà nel corso della giornata la Sardegna settentrionale e la Toscana. Su tutte le altre regioni nubi sparse con belle schiarite e tempo asciutto fino a sera. Clima molto mite, previsti 20° a Firenze e a Roma.
Vedi dettaglio previsione per: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Abruzzo, Sardegna

 
 Meteo sud
Nubi sparse su tutte le regioni con belle schiarite e generale assenza di precipitazioni fino a sera. Molto mite: 21° a Palermo e Bari.
Vedi dettaglio previsione per: Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria

Fonte: http://www.meteolive.it....
 

giovedì 1 novembre 2018

Aggiornamento Meteo dal 2 all'8 Novembre 2018


METEO Italia: altri NUBIFRAGI e rischio super TEMPORALI, anche con GRANDINE.

Il vortice di bassa pressione resterà ancora attivo tra Spagna e bacino occidentale del Mediterraneo, continuando a influenzare il meteo sull'Italia. Anche in quest'occasione, il movimento delle nuove perturbazioni verso levante risulta ostacolato dalla presenza di un promontorio anticiclonico robusto sull'Europa Orientale.

 

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L'Italia sarà così investita da correnti meridionali umide ed instabile, sperimentando quindi ancora maltempo tipicamente autunnale, anche se fortunatamente le nuove fasi perturbate non saranno certo paragonabili alla tempesta vissuta ad inizio settimana, che aveva lasciato una scia di distruzione davvero impressionante.
Il periodo d'inizio novembre si conferma favorevole alle grandi piogge, perché le perturbazioni impattano sull'Italia per poi rallentare il loro spostamento, a causa dell'anticiclone di blocco. Lo spostamento del vortice depressionario verso il Nord Africa porterà alla localizzazione del maltempo sulle regioni più occidentali e le due Isole Maggiori.

WEEKEND DAL METEO INSTABILE, PIOGGE E MITEZZA
 
La settimana si andrà a concludere con meteo turbolento per il sopraggiungere di nuovi impulsi perturbata. La circolazione depressionaria si andrà gradualmente ad isolare tra le coste nord-africane e le due Isole Maggiori, rimanendo quasi stazionaria. Le regioni di ponente saranno pienamente coinvolte dall'instabilità
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In particolare, le condizioni di maltempo più marcate potranno realizzarsi sulle due Isole Maggiori, trovandosi più vicine al vortice depressionario di matrice afromediterranea. Il clima resterà nel complesso molto mite, a causa dei richiami di correnti sciroccali indotte dal vortice ciclonico che porteranno anche un aumento di temperatura lungo la Penisola.

METEO VENERDI' 2 NOVEMBRE, ENTRA SECONDA PERTURBAZIONE
 
Un nuovo impulso perturbato entrerà in azione. Maggiormente colpite saranno la parte occidentale della Sicilia, l'est Sardegna, la fascia del medio versante tirrenico con fenomeni in estensione a buona parte del Centro Italia. Rischio nubifragi tra Maremma ed Alto Lazio. Le piogge si estenderanno poi verso il Nord-Est. I venti spireranno tra scirocco e levante, anche sostenuti.

METEO SABATO 3 NOVEMBRE, INSTABILITA' PIU' ACUTA SU REGIONI DI PONENTE
 
Il grosso delle precipitazioni lo ritroveremo tra la Sardegna e la Sicilia occidentale, con possibilità di temporali anche di forte intensità. Pioverà anche sulle regioni di Nord-Ovest, compresa l'Emilia Occidentale. Altrove cieli nuvolosi o molto nuvolosi, ma tempo più asciutto. Piovaschi lambiranno anche le regioni del medio-alto versante tirrenico.

METEO DOMENICA 4 NOVEMBRE, MALTEMPO TRA SUD ED ISOLE
 
La depressione afromediterranea continuerà ad alimentarsi con maltempo più diffuso al Meridione. Piogge localmente molto forti continueranno a coinvolgere la Sardegna e soprattutto i versanti ionici di Calabria e Sicilia, con rischio nubifragi. Atteso un peggioramento tra medio e basso versante tirrenico, mentre qualche pioggia insisterà sul Nord-Ovest.


Fonte: "https://www.meteogiornale.it"

lunedì 29 ottobre 2018

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lunedì 15 ottobre 2018

Mattinata (Foggia)

Mattinata, abbarbicata com’è all’incrocio delle due colline di Castelluccio e Coppa della Madonna, è una delle località più suggestive del Gargano, coi suoi splendidi gradoni coltivati a ulivi, mandorli e fichi d’India che si protendono verso il mare cristallino sul quale si specchiano le bianchissime case del centro.

Impossibile resistere al fascino della sua ampia baia, compresa fra il costone del Monte Saraceno, noto per le tombe di origine etrusca custodite dall’omonimo Parco Archeologico, e la rupe del Monte Sacro, con gli affascinanti ruderi dell’Abbazia della Trinità a proteggere il sottostante porto turistico, oggi uno dei più affollati dell’intera Costa Garganica. Un luogo in cui storia e natura di incontrano, dunque, dando vita a scorci di incredibile fascino e suggestione.

Mattinata vanta una delle più belle spiagge del Gargano: chilometri di ciottoli levigati dal mare cristallino ed un incantevole corollario di grotte, cale e spiaggette accessibili solo dal mare, come i Faraglioni di Baia delle Zagare, la spiaggia di Vignanotica e quella di Mattinatella. 

Il territorio di Mattinata si estende su di una superficie di quasi 72 km2 compreso nel Parco Nazionale del Gargano. Il centro abitato è adagiato in una conca verdeggiante di ulivi circondata da mare e boschi. Il tratto di mare che va da Mattinata a Vieste è noto per le sue bianche falesie, per i faraglioni e per i suoi anfratti e grotte alcune delle quali ancora non completamente esplorate. Sono situate presso la Baia delle Zagare.
Mattinata è adagiata su due colline, Coppa Madonna e Castelluccio, circondata dal Monte Saraceno a sud, dal Monte Sacro a Nord, dalla pianura di oliveti e dal mare ad est e da Monte Sant'Angelo ad ovest. 

Storia
 
Fino alla prima dell'Ottocento il nome del paese è stato Matinata: con tale toponimo il centro è ricordato nei documenti storici e nelle carte geografiche più antiche. Il nome Matinata deriva dalla tribù dauna dei Matinates ex Gargani che Plinio il Vecchio riporta nella Naturalis Historia (III 185).
Nel Theatrum geographicum di Claudio Tolomeo è indicato il toponimo di derivazione greco Apeneste[4], con il significato di "nascente" o "sorgente" riferito plausibilmente all'alba. Apeneste sorse probabilmente in una contrada dell'odierna Mattinata detta Agnuli. La favorevole posizione sulla costa, il ritrovamento di diverse monete di origine greca e la presenza di notevoli reperti archeologici di origine dauna nel sito di Monte Saraceno a poca distanza dal probabile sito di Apeneste fanno supporre che la cittadina fosse un centro di commerci e scambi fra le popolazioni greche, navigatori e colonizzatori, e le locali popolazioni dauno-iapige che si erano insediate nel territorio presumibilmente all'inizio dell'età del ferro

Con la sconfitta di Pirro del 275 a.C.) l'Apulia fu colonizzata dai romani. È probabile che il villaggio di Apeneste abbia preso il nome di Matinum (derivante dalla dea del mattino o dell'aurora Mater Matuta), conservando peraltro nel nome latino lo stesso significato dell'originale nome greco.
Resti di una villa romana, di epoca tardo latina e dai caratteristici muri in opus reticulatum e di resti di fabbricati semisommersi dal mare sono tuttora visibili in contrada Agnuli e nel litorale antistante. Intorno al 980 d.c. la città scompare dalle citazioni e dalle carte geografiche, probabilmente distrutta dalle incursioni saracene del periodo oppure a causa di un fortissimo terremoto ipotizzabile per il fatto che molte rovine di Matinum si trovano sommerse dal mare. 

L'attuale centro cittadino di Mattinata sorge sulle colline antistanti la baia, a circa un chilometro e mezzo dal sito dell'antica Matinum e iniziò a svilupparsi grazie ad alcuni montanari che per il clima mite, "scesero a valle" (a flussi regolari) a partire dal XVI-XVII secolo. Otto secoli di buio profondo fra la scomparsa dell'antica Matinum e la nascita di Mattinata sono un solco troppo profondo per poter ipotizzare una connessione diversa dal solo toponimo, che con ogni probabilità, deriva dalla toponomastica del territorio sopravvissuta lungo i secoli. 

Ancora nella prima metà dell'Ottocento il borgo era costituito da pagliai, dimore semplicissime generalmente monocamerali costruite con muri a secco e usati dai pastori per lo svernamento in località dal clima meno rigido di quello dei monti circostanti. La costruzione di Palazzo Mantuano, iniziata nel 1840, è il primo segno di un sviluppo urbanistico di un certo rilievo. Da questo primitivo nucleo e con la costruzione delle prime strade di collegamento con i centri circostanti (il primo collegamento stradale con Monte Sant'Angelo viene completato solo intorno al 1893) si sviluppa un borgo agricolo che negli anni cinquanta del Novecento diventa un piccolo comune indipendente. Il centro abitato di Mattinata subì gravi danni e quattro vittime a causa del terremoto del Gargano del 1893.

venerdì 5 ottobre 2018

Pietrapertosa


imagePietrapertosa è un comune in provincia di Potenza situato in prossimità delle suggestive vette delle Dolomiti Lucane, fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia.
Pietrapertosa si mostra come un antico borgo che è riuscito a mantenere nel tempo la fisionomia medievale soprattutto nella parte più antica situata alle pendici del Castello che conserva, ancora oggi, l’antico nome saraceno di Arabat caratterizzato da strade strette e vicoli ciechi. Le case tipicamente unifamiliari disposte a file dall’alto verso il basso, si adattano all’andamento del terreno, e diventano parte integrante dell’ambiente circostante tanto che spesso la roccia assume la funzione di parete delle abitazioni.

image Visitando Pietrapertosa si ha la sensazione che tutto sia regolato in funzione della roccia, ad esempio le numerose scale, sono l’esemplificazione della simbiosi tra il paese, i suoi abitanti e la roccia, la manifestazione del vivere il proprio territorio che non può negare la presenza massiccia quasi prorompente della natura, ma deve renderla parte integrante della struttura urbanistica. Pietrapertosa prende il nome dall’antica Petraperciata, cioè forata per la presenza di una rupe forata da parte a parte, ed è il comune più alto della Basilicata, con i suoi 1088 m di altitudine, si sviluppa sulle rocce delle Dolomiti Lucane, ben protetta da eventuali incursioni dalla valle. Questo carattere di fortezza naturale e la possibilità di dominare la valle del Basento hanno contribuito a favorire la presenza dell’uomo sin dai tempi più remoti.
Il turista che giunge a Pietrapertosa non può non salire sul Castello altrimenti si perderebbe uno spettacolo suggestivo e di eccezionale bellezza, difficile da descrivere. Lo sguardo può spaziare su monti, boschi, scintillio di torrenti e fiumi, colline, valli, che si alternano e sovrappongono tutto intorno; dalla vetta si vive l’ebbrezza di essere proiettato tra terra e cielo.

Storia

Le origini del paese sono incerte anche se le teorie più accreditate attestano una fortificazione, attorno al IV secolo a.C., da parte della tribù Utiana che occupava l’alta e media valle del Basento. Notizie più certe si hanno a partire dal X secolo quando il borgo fortificato fu occupato da una banda di Saraceni guidata dal capo Luca, un greco convertitosi all’Islam che compì numerose scorrerie nei centri limitrofi finchè fu scacciato dall’intervento del Catepano. Il castello fu ampliato successivamente dai Normanni per assicurare una migliore difesa del luogo contro eventuali incursori. La fortezza, a cui si accede da una scalinata situata a ridosso delle ultime case del paese, poggia direttamente sulla roccia e domina sull’abitato di Pietrapertosa.

Oggi, dell’antico fortilizio, sono visibili parte delle mura perimetrali, l’arcone d’ingresso costruito con grossi blocchi che formano un arco a tutto sesto, lievemente ribassato, un torrione di avvistamento ed alcuni alloggiamenti incisi nella roccia. Alcuni gradini scavati direttamente sulla parete rocciosa, portano ad un osservatorio con un arco ricavato nell’arenaria. Sembra ormai chiaro che la maggior parte degli interventi di scavo nella roccia viva debbano ascriversi al periodo di costruzione mentre il versante settentrionale del castello presenta elementi architettonici riconducibili al XV e XVI secolo, opera delle dominazioni successive.
Una visita merita la chiesa madre dedicata a San Giacomo Maggiore, di fondazione quattrocentesca su una fabbrica preesistente, di eccezionale valore artistico. L’interno, infatti, custodisce diverse testimonianze dell’arte lucana databili dal XV al XVIII secolo. Di Giovanni Luce sono i due affreschi raffiguranti il “Giudizio Universale” e la “Serie Cristologica“, mentre le due tele con la “Decollazione del Battista” del 1606 e una “Madonna del Carmine con Bambino fra i SS. Giovanni Battista e Francesco”, dello stesso periodo, sono di Pietro Antonio Ferro a cui è attribuita anche la pittura su tavola rappresentante l’”Eterno Benedicente”.

Durante la visita del paese, salendo da via Garibaldi, si impongono all’attenzione del visitatore i numerosi palazzi signorili, il cui prospetto è scandito da portali in pietra decorati con fiori, quadrati, iscrizioni o emblemi, che ricordano nobiltà scomparse, gusto per l’arte e modo di vivere dei secoli passati.
 
 Alla periferia del paese sorge il convento di S. Francesco d’Assisi, fondato nel 1474, ricco di numerose opere d’arte. Il complesso conventuale, risultato dei numerosi rifacimenti effettuati nel corso dei secoli, è organizzato intorno ad un chiostro quadrato. A ridosso del lato occidentale sorge la chiesa a navata unica con copertura lignea a capriate ed un presbiterio a pianta quadrata con soffitto a crociera. Punto focale della chiesa è il Polittico, ubicato sulla parete di fondo, attribuito a Giovanni Luce con l’Eterno, Cristo in Pietà, Annunciazione e Santi e la statua lignea nell’edicola raffigurante la Madonna delle Grazie. Lo stesso autore firma gli affreschi campiti sulle pareti del presbiterio, realizzati nel primo trentennio del XV secolo, che raffigurano il Ciclo cristologico ed episodi della vita di S. Francesco. Nella navata sono presenti altre opere di pregevole manifattura come l’affresco della “Madonna con Bambino tra SS. Pietro e Paolo” firmato da Antonello Palumbo del 1498, l’affresco della “Madonna del Rosario tra i due S. Giovanni” realizzato da Nicola da Novi, ed ancora le tele di un “S. Antonio” del Pietrafesa del 1631, e dell’Immacolata di Francesco Guma del 1628. Al piano superiore vi è la cantorea con il coro ligneo, completamente intagliato del XVI secolo, di eccezionale pregio artistico.

Castelmezzano

Castelmezzano è un comune in provincia di Potenza, tra i tesori più belli della Basilicata.
Castelmezzano è una delle due stazioni dove si effettua il Volo dell’Angelo.
Lo spettacolo più affascinante di Castelmezzano è quello offerto dallo scenario delle Dolomiti Lucane che gli fanno da sfondo. Nel tempo la pioggia e il vento hanno scavato in questa roccia arenaria sagome a cui la tradizione popolare ha dato nomi particolari, infatti con particolari condizioni di luce e di ombre assumono la forma di becco della civetta, di bocca di leone, di incudine e di aquila reale.

L’arrivo nel piccolo borgo è alquanto inusuale perché vi si entra da una galleria scavata nella roccia dopo aver superato una spettacolare gola, all’uscita dalla galleria Castelmezzano appare come un piccolo presepe arroccato e protetto dalle Dolomiti Lucane.
imageCastelmezzano

La struttura urbana di Castelmezzano è tipicamente medievale, un agglomerato concentrico di case con tetti a lastre di pietra arenaria incastrate in una conca rocciosa. Passeggiare per il centro storico è particolarmente suggestivo per la presenza delle costruzioni inserite nella nuda roccia, per le numerose scale ripide che si aprono tra i vicoli e che invitano a salire alle vette sovrastanti e godere dei meravigliosi panorami delle Dolomiti Lucane. Proprio questo rapporto equilibrato del centro abitato con le componenti naturali, rispettando il paesaggio circostante, ha permesso a Castelmezzano di essere definita città-natura ed inserita nel club de I borghi più belli d’Italia.
Cuore della vita cittadina è piazza Caizzo al cui centro si erge la chiesa madre di Santa Maria dell’Olmo con la sua maestosa facciata in stile romanico, rivestita con pietra locale a faccia vista e scandita da quattro colonne ed un architrave decorato da fiori, leoni e aquile a due teste.

imageAl centro una nicchia ospita l’affresco di San Rocco protettore del paese. L’interno, ad una sola navate e quattro cappelle, custodisce numerose opere di alto valore artistico tra cui la bella statua della Madonna dell’Olmo, scultura lignea di grande pregio databile alla fine del XIII secolo, e ancora la tela della Sacra Famiglia firmata da Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, natio dell’odierna Satriano di Lucania, uno dei massimi esponenti della cultura pittorica lucana tra tardo manierismo e barocco le cui numerose opere sono disseminate nelle chiese e nei conventi della regione.
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Percorrendo la strada principale del paese, partendo dal palazzo del Municipio, si raggiungono i ruderi del castello, di probabile epoca normanna anche se le notizie sulle origini sono poche ed incerte, oggi sono ancora visibili una parte del muro di cinta, resti di mura rialzati sulla roccia, una cisterna per la raccolta delle acque meteoritiche, e la lunga e ripida scalinata scavata nella roccia che porta ad un probabile posto di vedetta, da dove era possibile sorvegliare la sottostante vallata del fiume Basento.
Castelmezzano - Dolomiti LucaneNon meno notabili sono i palazzi di questo piccolo centro. A cominciare dal Palazzo Ducale appartenuto ai De Lerma, ultimi signori di Castelmezzano, che si trova nelle vicinanze del castello dove aveva dimora la guarnigione del duca. Il palazzo, databile al XVIII secolo, presenta sulla facciata principale un maestoso portale con grosse bugne sovrastato da un grande loggiato. Palazzo Coiro, situato alle spalle della chiesa madre e costruito nel XIX secolo, presenta vari balconi sorretti da mensole e ringhiere in ferro battuto di pregevole fattura, la facciata che si apre sulla strada principale presenta un bel portale in pietra locale.
Castelmezzano - Dolomiti LucaneFuori dal paese, sentieri, scalinate e ponticelli in pietra permettono di raggiungere la vallata del Caperrino, caratterizzata dalla presenza di resti di antichi mulini costruiti a secco i cui tetti sono realizzati con lastre di pietra locale dette “chiang” nel dialetto locale. Dalla vallata attraversando un ponte in pietra ad arcata unica, forse di epoca romana, è possibile risalire e raggiungere la vicina Pietrapertosa.

Castelmezzano rientra con il suo territorio nell’area del Parco di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane che offre oltre alle incontaminate bellezze paesaggistiche, tracce di una storia millenaria per la presenza delle mura megalitiche dell’insediamento lucano di Croccia Cognato del IV sec. a.C.

Nel borgo ogni anno a settembre, in occasione delle celebrazioni religiose in onore di S. Antonio, si rivive una delle tradizioni più antiche: la festa del Maggio, che rappresenta un inno alla fertilità della terra, attraverso il rituale dell’unione di un tronco di cerro e di una cima di agrifoglio festosamente trasportati dal bosco al paese, il primo trainato da coppie di buoi, la seconda a spalla dai giovani del paese. Il trasporto processionale dei due alberi è sicuramente la fase più spettacolare e coinvolgente che permette alla folla di diventare parte integrante del rito nuziale. La festa termina in paese dove cima e tronco vengono uniti, innalzati e scalati da parte degli abitanti più arditi.

Celebrazioni molto simili e con lo stesso significato simbolico si celebrano in altri centri limitrofi, come Accettura, Oliveto Lucano e Pietrapertosa.

Le Dolomiti lucane

Le Dolomiti Lucane sono il rilievo montuoso che nel cuore della Basilicata caratterizza il paesaggio con spettacolari guglie e sagome che hanno suggerito nomi fantasiosi come l’aquila reale, l’incudine, la grande madre, la civetta.

Le Dolomiti Lucane si trovano nel territorio dei comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa, un luogo che ha un paesaggio particolarmente affascinante comunque ci si muova lungo le strade che conducono ai due borghi situati in prossimità di vette disposti uno di fronte all’altro. Proprio questa particolare ubicazione consente di effettuare un incredibile volo attraverso lo spazio che separa i due paesi: è il Volo dell’Angelo.

Le immagini del paesaggio

A ridosso delle vette delle Dolomiti Lucane vi sono i Comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa posti rispettivamente a 870 e a 1.090 metri sul livello del mare. Da questi paesi è possibile ammirare l’incredibile paesasggio delle Dolomiti nonchè percorrere i numerosi sentieri con i quali raggiungere i posti più suggestivi.
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Le Dolomiti Lucane sono montagne la cui nascita risale al periodo del Miocene medio circa 15 milioni di anni fa durante il quale si formarono in fondo al mare le arenarie che oggi ne costituiscono le rocce. Il gruppo di montagne più elevato è quello della Costa di S. Martino chiamato Piccole Dolomiti in quanto ricorda le caratteristiche delle famose Pule Trentine. Altrettanto importanti sono i picchi delle Murge di Castelmezzano e le guglie di Monte Carrozze.

imageNegli anfratti più inaccessibili, fanno il loro nido splendidi esemplari di cicogna nera, nibbio reale, gheppio, falco pellegrino. Benchè le guglie risultano quasi prive di vegetazione, si trovano interessanti specie di piante quali la valeriana rossa, la lunaria annua, l’onosma lucana.
Le spettacolari cime sono in netto contrasto con il paesaggio circostante caratterizzato da forme più dolci e arrotondate come la vicina montagna del Capperino. A rendere ancor più suggestivo il luogo vi è il torrente Rio di Capperino, un affluente del Basento che ha scavato una profonda gola che divide a Nord le Murge di Castelmezzano dalla Costa di S. Martino a sud.

Il percorso delle sette pietre

Il percorso delle sette pietre si sviluppa lungo un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano con andamento a quote variabili: da 920 metri a Pietrapertosa scende fino a 660 metri nella valle attraversata dal torrente Caperrino e risale a 770 metri a Castelmezzano.

Il percorso turistisco è stato realizzato ispirandosi ai racconti tramandati nella tradizione locale per generazioni e dall’immaginario collettivo su cui si fonda il testo Vito ballava con le streghe di Mimmo Sammartino.

Percorso narrato

Lungo il sentiero la narrazione avviene in forme visive, sonore ed evocative con una storia incisa sulle pietre.

Ogni tappa del percorso ha uno spazio allestito dove è situata una o più opere artisticche che richiama una sequenza del racconto, con effetti sonori che regalano ulteriori suggestioni alla magia del contesto naturale.

Le tappe del percorso sono sette e ognuna di esse è identificata da una parola o un titolo che fa parte del racconto: destini, incanto, sortilegio, streghe, volo, ballo, delirio. Nel mezzo del percorso, nel cosidetto Antro delle Streghe a valle del Rio Caperrino al visitatore viene proposta l’intera storia, attraverso elementi di suggestione scenografica e sonora.

Lungo il sentiero vi sono tre percorsi in parallelo:


Le immagini del paesaggio

A ridosso delle vette delle Dolomiti Lucane vi sono i Comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa posti rispettivamente a 870 e a 1.090 metri sul livello del mare. Da questi paesi è possibile ammirare l’incredibile paesasggio delle Dolomiti nonchè percorrere i numerosi sentieri con i quali raggiungere i posti più suggestivi.
    to è quello della Costa di S. Martino chiamato Piccole Dolomiti in quanto ricorda le caratteristiche delle famose Pule Trentine. Altrettanto importanti sono i picchi delle Murge di Castelmezzano e le guglie di Monte Carrozze.

    Negli anfratti più inaccessibili, fanno il loro nido splendidi esemplari di cicogna nera, nibbio reale, gheppio, falco pellegrino. Benchè le guglie risultano quasi prive di vegetazione, si trovano interessanti specie di piante quali la valeriana rossa, la lunaria annua, l’onosma lucana.
    Le spettacolari cime sono in netto contrasto con il paesaggio circostante caratterizzato da forme più dolci e arrotondate come la vicina montagna del Capperino. A rendere ancor più suggestivo il luogo vi è il torrente Rio di Capperino, un affluente del Basento che ha scavato una profonda gola che divide a Nord le Murge di Castelmezzano dalla Costa di S. Martino a sud.

    Il percorso delle sette pietre

    Il percorso delle sette pietre si sviluppa lungo un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano con andamento a quote variabili: da 920 metri a Pietrapertosa scende fino a 660 metri nella valle attraversata dal torrente Caperrino e risale a 770 metri a Castelmezzano.

    Il percorso turistisco è stato realizzato ispirandosi ai racconti tramandati nella tradizione locale per generazioni e dall’immaginario collettivo su cui si fonda il testo Vito ballava con le streghe di Mimmo Sammartino.

    Percorso narrato

    Lungo il sentiero la narrazione avviene in forme visive, sonore ed evocative con una storia incisa sulle pietre.

    Ogni tappa del percorso ha uno spazio allestito dove è situata una o più opere artisticche che richiama una sequenza del racconto, con effetti sonori che regalano ulteriori suggestioni alla magia del contesto naturale.

    Le tappe del percorso sono sette e ognuna di esse è identificata da una parola o un titolo che fa parte del racconto: destini, incanto, sortilegio, streghe, volo, ballo, delirio. Nel mezzo del percorso, nel cosidetto Antro delle Streghe a valle del Rio Caperrino al visitatore viene proposta l’intera storia, attraverso elementi di suggestione scenografica e sonora.

    Lungo il sentiero vi sono tre percorsi in parallelo:

    La passeggiata letteraria
    La fruizione del paesaggio e del percorso tematizzato in compagnia di frammenti narrativi tratti da Vito ballava con le streghe;

    Il percorso visionario
    La scoperta di un itinerario articolato in 7 installazioni artistiche che riprendono l’immaginario popolare condiviso;

    L’itinerario paesaggistico
    Teso a scoprire le peculiarità del paesaggio naturale lungo un percorso articolato su aree di sosta posizionate negli intervalli tra le diverse tappe.

    giovedì 27 settembre 2018

    Santorini

    Santorini (in italiano anche Santorino[1]; in greco moderno Σαντορίνη, Santoríni, in greco antico Θήρα, Thera) è l'isola più meridionale dell'arcipelago delle Cicladi, nel mare Egeo. La sua superficie è di 79,194 km². Il nome Santorino, per corruzione di Sant'Erini, le fu dato dai Veneziani in onore di Santa Irene, martire del 304, a cui era dedicata la basilica di Perissa, villaggio nella parte sud-orientale dell'isola. Dal punto di vista amministrativo rappresenta parte del comune omonimo, nella periferia dell'Egeo Meridionale


    Immagine da satellite dell'isola di Santorini.

    È un'isola vulcanica, originariamente circolare, con una laguna marina interna e un ampio cratere, posto circa 20 km a sud-ovest dalla costa interna proprio al centro della laguna. L'acqua del mare penetrava attraverso l'unica via d'accesso ai porti interni, delimitata ai lati da due scogliere.
    Il capoluogo dell'isola è Fira.
    Il secondo centro abitato che si trova a nord dell'isola è Oia (si legge Ia), antico centro rinomato per i suoi mulini a vento e da cui si possono ammirare i tramonti sul mare Egeo.
    Un'altra località dell'isola è Imerovigli, vicino a Fira, la quale è conosciuta per il suo panorama e per i suoi tramonti.
    Sull'isola non ci sono semafori.
    Il punto più alto dell'isola è il monte Profitis Illas a 567 m. È un piccolo vulcano con una piccola caldera.
    Le principali risorse economiche sono date dall'esportazione della pozzolana, dai vini pregiati e dal turismo. Nell'isola si produce un ottimo vino dal sapore dolce e molto corposo, il Vin santo, da non confondere con l'omonimo vino toscano.
    Il turismo sull'isola si estende da maggio a tutto ottobre. 

    Storia
    L'isola di Santorini, agli inizi del 1200 venne ceduta come baronato ai veneziani, diventando la sede del vescovo cattolico. Fu proprio il veneziano Giacomo Barozzi a darle il nome attuale, per la presenza sull’isola di una cappella dedicata a Sant'Irene, situata nei pressi di una baia che faceva da porto alla flotta veneziana. [2] Il principato dei veneziani comprendeva le isole di Santorino, Thira e Nasso che mantenne per ben duecento anni. Tale principato riconosceva alla famiglia una fiducia illimitata, essendo tali isole d'importanza strategica vitale nella Repubblica Veneta. [3] [4]
    Ciò non fermò le incursioni ottomane: l'isola infatti fu conquistata dall'ammiraglio ottomano Piyale Paşa nel 1576, ed entrò a far parte del dominio semi-autonomo ebreo di un sultano, Giuseppe Nasi. Ripresero a loro volta le incursioni veneziane, che portarono a frequenti guerre ottomane-veneziane, in particolare la guerra di Candia. [5] [6]
    Nel 1967 nella località di Akrotiri, gli archeologi riportarono alla luce un'antica città, quasi completamente intatta e coperta come Pompei da antiche ceneri. Il ritrovamento fu catalogato come tra i più importanti nella storia dell'archeologia. Diverse case portate alla luce presentavano un sofisticato sistema idraulico, con bagni e acque correnti che defluivano in un perfetto sistema fognario[7]. Questo sito testimonia una delle prime forme di ingegneria urbana mai scoperte nella storia. 

    Eruzione vulcnica
    L'isola fu sventrata in parte da un'apocalittica eruzione del vulcano avvenuta intorno al 1627 a.C. (datazione stabilita da Manning, nel 2006, attraverso accurate analisi al C14 e dendrocronologiche) e invasa successivamente quasi del tutto dal mare.
    Fu la più imponente eruzione avvenuta in Europa documentata in epoca storica[8][9] e, secondo alcune teorie, avrebbe avuto conseguenze devastanti per la civiltà minoica: sarebbe stata, infatti, la principale causa dell'inizio del suo completo declino; secondo studi recenti, l'eruzione del vulcano provocò dapprima una pioggia di pomici e ceneri, poi piovvero massi più grossi e infine la caratteristica pomice rosa che ha reso celebre l'isola. Quindi il vulcano esplose: un getto di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera ad una velocità di 2000 km/h facendo udire i suoi boati dall'Africa alla Scandinavia, dal Golfo persico a Gibilterra. Le ceneri furono sparse per molti chilometri e trasformarono il giorno nella notte più cupa e alterarono, probabilmente, albe, tramonti e condizioni meteorologiche.
    Alcune teorie basate sui rinvenimenti archeologici trovati a Creta indicano che uno tsunami, probabilmente associato all'eruzione, colpì le aree costiere di Creta e può avere duramente devastato gli insediamenti minoici[10][11] anche se una più recente teoria ipotizza che molto del danno provocato ai siti fosse dovuto a un grande terremoto che precedette l'eruzione di Thera[12].

    Mykonos: il sogno.

    Micono[1][2][3][4] (in greco Μύκονος, Mykonos) è un'isola greca delle Cicladi, situata nelle vicinanze di Tino, Siro, Grecia e Nasso. Ha una superficie di 96 km² e il suo punto più elevato raggiunge i 341 m sul livello del mare. Al censimento del 2001 contava 9320 abitanti, per la maggior parte residenti nella città di Micono (nota anche come Chora), che sorge sulla costa occidentale.
    Dal punto di vista amministrativo l'isola fa parte della periferia dell'Egeo Meridionale ed è costituita dall'unico comune di Micono, il cui territorio si estende anche sulle vicine isole di Delo, Rineia oltre che su numerosi isolotti disabitati, per un totale di 105,2 km² di superficie. 

    Storia

    Secondo recenti scoperte, l'isola sarebbe stata sede di tribù carie nel Neolitico. La tradizione fa riferimento a popolamenti dei lelegi e poi di egizi, fenici e cretesi. I resti archeologici indicano che l'isola è stata abitata dagli antichi popoli della Ionia già dalla prima parte dell'XI secolo a.C. Nella fase conclusiva delle Guerre persiane (478-477 a.C.), Micono entrò a far parte della Lega delio-attica.
    I famosi mulini di Micono
    Con l'occupazione romana delle Cicladi, Delo divenne un porto libero e la vicina Micono visse un periodo di grande seppur breve prosperità, concluso nell'88 a.C. quando Delo fu rasa al suolo durante la Prima guerra mitridatica. Sotto l'Impero bizantino l'isola fu inserita nella provincia dell'Acaia e fu quindi occupata dai veneziani. A quest'epoca risale la costruzione dell'agglomerato di chiese della Panaghía Paraportiani, poi proseguita fino al XVII secolo. Conquistato nel 1537 dal corsaro Khayr al-Din Barbarossa, il suo territorio venne poi sottomesso dai turchi fino alla rivoluzione del 1821, in cui i miconiani si distinsero come protagonisti delle lotte per l'indipendenza greca (in particolare l'eroina Manto Mavrogenous, secondo alcuni storici nativa dell'isola). Nonostante la liberazione, carestia ed emigrazione portarono a un progressivo spopolamento delle Cicladi, frenato solo negli anni cinquanta dal crescere di quell'interesse turistico, prima per Delo e poi anche per Micono, che col tempo ne è diventato la principale fonte di sviluppo economico. 

    Turismo

    Micono è un'isola cosmopolita che accoglie migliaia di turisti durante tutto l'arco dell'anno. L'isola era considerata come il paradiso della comunità LGBT, ma in seguito si presterà a diventare la "capitale" estiva della tolleranza in genere.
    L'isola dà il nome a un formaggio caratteristico, il Kopanisti Mykonou di sapore forte e salato.

    giovedì 30 agosto 2018

    Nova Siri (MT)

    Nova Siri (il suo antico nome era Bollita) è un comune italiano di 6.819 abitanti[1] della provincia di Matera in Basilicata. Situato sulla costa jonica, si divide in Nova Siri paese, o centro (in dialetto u paìs), e Nova Siri Marina, o scalo (in dialetto a staziòn). Confina con i comuni di: Rotondella (7 km), Rocca Imperiale (CS) (11 km), Nocara (CS) e Canna (CS) (13 km) e Valsinni (15 km). Dista 75 km da Matera e 139 km dal capoluogo di regione Potenza.

    Territorio

    Il territorio comunale di Nova Siri sorge a 355 m s.l.m. nell'estrema parte sud-orientale della provincia di Matera, al confine con la parte sud-orientale della provincia di Potenza e la parte nord-orientale della provincia di Cosenza. Si estende su una fascia mare-montagna, con direttrice sud-nord; pertanto si hanno notevoli differenze geo-ambientali, in cui si distinguono tre distinti settori: marittimo, collinare e basso-montano.
    Il territorio marittimo comprende una fascia costiera estesa per circa tre chilometri, che si affaccia sul golfo di Taranto, facente parte del mar Ionio, nel territorio comunale si ha la presenza delle foce di alcuni brevi torrenti (San Nicola, Toccacielo). Tali corsi d'acqua, attraversando il territorio comunale da nord a sud, divenendone confine e comunale e regionale, infatti, il torrente Toccacielo con la sua foce (riserva faunistica del WWF, in cui trovano rifugio alcuni trampolieri comuni nel bacino mediterraneo (tra cui ricordiamo l'airone cenerino) insieme ad altri uccelli marini come la gabbianella); la foce del torrente viene a trovarsi a pochi metri dal confine con il lido del comune di Rotondella.
    Questa contrada comunale sud-orientale, che la toponomastica locale definisce Laccata, è riconosciuta anche a livello provinciale, vi si sviluppa, infatti, la strada provinciale della Laccata, che viene ad essere la conclusione naturale del vecchio tracciato che un tempo era il percorso della strada provinciale ex-S.S.104 Sapri-Ionio, la quale attualmente congiunge la frazione Marina, innestandosi con la Strada statale 106 Jonica, con il centro storico.
    In contrada Laccata l'amministrazione comunale ha posto la realizzazione dello Stadio comunale.
    Il torrente San Nicola, maggiormente similare a una fiumara, diviene il confine occidentale del territorio comunale provinciale e regionale, dal momento che si pone a ridosso del confine della regione Basilicata dalla regione Calabria. La caratteristica geografica maggiormente evidente dei due torrenti è data dal differente sviluppo idrografico; infatti il Toccacielo nel suo percorso non abbandona il territorio comunale, ponendosi come un confine naturale del territorio amministrativo, mentre il San Nicola, deviando verso ovest a circa tre chilometri dalla foce, sconfina nella regione Calabria.
    La costa sabbiosa è ricca di dune naturali, su cui l'avena marina cresce e prospera, in unione ad altre piante marittime, (asfodelus-asfodelo, Salsola kali-Salsola, Eryngium maritimum-calcatrèppola marina); la sabbiosità sia interna che marittima rappresenta un notevole distacco con il fondale e la costa ghiaiosa della vicina Rocca Imperiale, tuttavia questo aspetto avvicina la costa lucana allo Jonio alla costa della vicina Puglia. Altra caratteristica arborea della zona marittima sono le pinete e gli eucalipteti, questi ultimi piantumati in tempi recenti (prima metà del secolo XX) non solo per bloccare il degrado delle spiagge e la desertificazione, ma anche per impedire il proliferare, in zone bonificate, della malaria, utilizzante come veicolo di contagio le zanzare palustri. Tali impianti prosperano poiché gli eucalipti, assorbendo le acque reflue, ne impediscono la stagnazione permettendo così alla flora mediterranea di riprendere a svilupparsi (grazie all'aiuto sia dell'uomo sia della natura) evitando che marcisca per la presenza di troppa acqua. Lungo i viali e all'interno delle zone arboricole inselvatichite prosperano il rosmarino, l'oleandro e numerose piantagioni fruttifere (soprattutto impianti di alberi del genere prunus-pescheti, albicoccheti, pruneti-ma anche agrumeti) annuali.
    Risalendo verso nord, lungo l'ex-strada provinciale 104 (Sapri-Ionio), e superata la demarcazione della SS 106, la fascia costiera, occupata in parte da Nova Siri Marina, lascia posto a zone agricole in cui si coltivano ulivi, aranci, campi di susini (prunus domestica). In spazi vuoti o abbandonati o appartenenti al demanio si possono notare la presenza di alberi tipicamente rustici e fortemente legati al territorio come il pero selvatico o (Piràinu) o le querce, indice della boscosità antica del territorio, sostituite in tempi immemori dagli ulivi, che, tuttavia, dimostrano sia l'antichità degli impianti con la loro maestosità sia la forte antropicizzazione dei luoghi. Altre specie floreari del territorio sono il finocchio selvatico o finocchietto, la cicoria selvatica, il tarassaco, il cardo selvatico o carciofo selvatico mentre alcune zone sono colonizzate dalla calendula.
    Superato il centro storico di Nova Siri, il territorio diviene basso-montano sia come temperature sia come flora. In esso si riscoprono sia gli arbusti della flora mediterranea sia gli alberi tipicamente montani in quantità tali da far ricordare le foreste di territori geograficamente vicini, come il monte Pollino, il quale è il cuore del parco nazionale omonimo, pertanto si incontrano zone con querceti, con pinete non impiantate e ricche zone di crescita di peri selvatici su cui il vischio prospera. 

    Storia

    La posizione del centro antico (castello) evidenzia una precedente funzione di avamposto militare e civile forse di origine romana o, più probabilmente, bizantina, a presidio delle coste ioniche, durante l'età delle scorrerie dei saraceni, la cui funzione è attestata dalla torre cavallara presente sulla costa, di proprietà attualmente dei Battifarano.
    L'antico nome Bollita (la cui origine è discussa poiché potrebbe derivare o dall'antico Boletum presumibilmente ovvero dalla forma ovoidale della collina che richiamerebbe alla mente il cappello del fungo porcino (boletus edulis o dalla presenza di polle d'acqua sorgive, richiamando l'antico senso di acqua che bolle) venne abbandonato in favore della denominazione attuale per la presenza in questo territorio, attestata da Strabone nella sua opera Geografia, della città di origine greca Siris.
    Successivamente, fra il XIV e il XVI secolo fu feudo della famiglia spagnola Sandoval de Castro, il cui più famoso esponente fu don Diego Sandoval de Castro, amante della contessa Isabella Morra, figlia del conte Morra signore di Favale (antica denominazione di Valsinni).
    Fu culla della famiglia Settembrini (il cui palazzo gentilizio si trova nella zona Porticella, antica denominazione del quartiere orientale della cittadina) che, trasferitasi a Napoli agli inizi del XIX secolo, diede i natali al patriota e scrittore Luigi Settembrini. La cittadina nella seconda metà dell'Ottocento fu centro di un gruppo risorgimentale affiliato alla giovine Italia [2] di cui un esponente fu Pietro Antonio Battifarano, che partecipò all'impresa garibaldina arruolandosi, presso Capua a un reggimento di camicie rosse.
    Sotto il profilo urbanistico l'abitato iniziò a svilupparsi nella seconda metà del XX secolo, prima sulla collina orientale in cui era posto il cimitero antico (attualmente posizionato in contrada San Megale), poi, dagli anni settanta del Novecento, soprattutto lungo l'asse viario che collegava il centro, mediante la allora SS 104 Sapri-Jonio (attualmente declassata a strada provinciale di viabilità secondaria) con la stazione ferroviaria e la frazione Marina, a ridosso della SS 106 Reggio Calabria- Taranto. Nova Siri Marina ha conosciuto, da allora, un notevole sviluppo demografico divenendo una nota stazione balneare che attira villeggianti non solo dai paesini dell'entroterra lucano e calabrese, ma anche dal resto d'Italia e dall'estero.
    L'essere situata nel cuore dell'antica Magna Grecia, tra Taranto e Crotone, in un'area unica sotto il profilo storico e di facile accesso (tramite la SS 106), rende agevole la visita dei vicini siti archeologici di Policoro, con l'antico sito di Heraclea, Metaponto di Bernalda antico centro culturale magnogreco, Matera con il sito UNESCO delle chiese rupestri. Se si utilizzano le vie interne lucane sono facilmente raggiungibili Tricarico, Vaglio, Venosa, Grumento Nova, Craco, tipico centro urbanisticamente disabitato. Immettendosi sulla SS 106, in direzione Reggio Calabria, si toccano Rocca Imperiale, con il suo castello federiciano, Montegiordano, Roseto Capo Spulico, Trebisacce e le antiche città magnogreche di Sibari e Crotone.

    La Cattedrale di Santa Maria Assunta di Melfi

    La cattedrale di Santa Maria Assunta è il monumento religioso più importante del centro storico di Melfi . Nel gennaio del 1958 papa Pio X...