lunedì 29 ottobre 2018
lunedì 15 ottobre 2018
Mattinata (Foggia)
Mattinata, abbarbicata com’è all’incrocio delle due colline di
Castelluccio e Coppa della Madonna, è una delle località più suggestive
del Gargano, coi suoi splendidi gradoni coltivati a ulivi, mandorli e fichi d’India che si protendono verso il mare cristallino sul quale si specchiano le bianchissime case del centro.
Impossibile resistere al fascino della sua ampia baia, compresa fra il costone del Monte Saraceno, noto per le tombe di origine etrusca custodite dall’omonimo Parco Archeologico, e la rupe del Monte Sacro, con gli affascinanti ruderi dell’Abbazia della Trinità a proteggere il sottostante porto turistico, oggi uno dei più affollati dell’intera Costa Garganica. Un luogo in cui storia e natura di incontrano, dunque, dando vita a scorci di incredibile fascino e suggestione.
Mattinata vanta una delle più belle spiagge del Gargano: chilometri di ciottoli levigati dal mare cristallino ed un incantevole corollario di grotte, cale e spiaggette accessibili solo dal mare, come i Faraglioni di Baia delle Zagare, la spiaggia di Vignanotica e quella di Mattinatella.
Impossibile resistere al fascino della sua ampia baia, compresa fra il costone del Monte Saraceno, noto per le tombe di origine etrusca custodite dall’omonimo Parco Archeologico, e la rupe del Monte Sacro, con gli affascinanti ruderi dell’Abbazia della Trinità a proteggere il sottostante porto turistico, oggi uno dei più affollati dell’intera Costa Garganica. Un luogo in cui storia e natura di incontrano, dunque, dando vita a scorci di incredibile fascino e suggestione.
Mattinata vanta una delle più belle spiagge del Gargano: chilometri di ciottoli levigati dal mare cristallino ed un incantevole corollario di grotte, cale e spiaggette accessibili solo dal mare, come i Faraglioni di Baia delle Zagare, la spiaggia di Vignanotica e quella di Mattinatella.
Il territorio di Mattinata si estende su di una superficie di quasi 72 km2 compreso nel Parco Nazionale del Gargano. Il centro abitato è adagiato in una conca verdeggiante di ulivi circondata da mare e boschi.
Il tratto di mare che va da Mattinata a Vieste è noto per le sue bianche falesie, per i faraglioni e per i suoi anfratti e grotte alcune delle quali ancora non completamente esplorate. Sono situate presso la Baia delle Zagare.
Mattinata è adagiata su due colline, Coppa Madonna e Castelluccio, circondata dal Monte Saraceno a sud, dal Monte Sacro a Nord, dalla pianura di oliveti e dal mare ad est e da Monte Sant'Angelo ad ovest.
Storia
Fino alla prima dell'Ottocento il nome del paese è stato Matinata:
con tale toponimo il centro è ricordato nei documenti storici e nelle
carte geografiche più antiche. Il nome Matinata deriva dalla tribù dauna
dei Matinates ex Gargani che Plinio il Vecchio riporta nella Naturalis Historia (III 185).
Nel Theatrum geographicum di Claudio Tolomeo è indicato il toponimo di derivazione greco Apeneste[4],
con il significato di "nascente" o "sorgente" riferito plausibilmente
all'alba. Apeneste sorse probabilmente in una contrada dell'odierna
Mattinata detta Agnuli. La favorevole posizione sulla costa, il
ritrovamento di diverse monete di origine greca e la presenza di
notevoli reperti archeologici di origine dauna nel sito di Monte
Saraceno a poca distanza dal probabile sito di Apeneste fanno supporre
che la cittadina fosse un centro di commerci e scambi fra le popolazioni
greche, navigatori e colonizzatori, e le locali popolazioni
dauno-iapige che si erano insediate nel territorio presumibilmente
all'inizio dell'età del ferro.
Con la sconfitta di Pirro del 275 a.C.) l'Apulia fu colonizzata dai romani. È probabile che il villaggio di Apeneste abbia preso il nome di Matinum
(derivante dalla dea del mattino o dell'aurora Mater Matuta),
conservando peraltro nel nome latino lo stesso significato
dell'originale nome greco.
Resti di una villa romana, di epoca tardo
latina e dai caratteristici muri in opus reticulatum e di resti di fabbricati semisommersi dal mare sono tuttora visibili in contrada Agnuli
e nel litorale antistante. Intorno al 980 d.c. la città scompare dalle
citazioni e dalle carte geografiche, probabilmente distrutta dalle
incursioni saracene del periodo oppure a causa di un fortissimo
terremoto ipotizzabile per il fatto che molte rovine di Matinum si
trovano sommerse dal mare.
L'attuale centro cittadino di Mattinata sorge sulle colline
antistanti la baia, a circa un chilometro e mezzo dal sito dell'antica
Matinum e iniziò a svilupparsi grazie ad alcuni montanari che per il
clima mite, "scesero a valle" (a flussi regolari) a partire dal XVI-XVII
secolo. Otto secoli di buio profondo fra la scomparsa dell'antica
Matinum e la nascita di Mattinata sono un solco troppo profondo per
poter ipotizzare una connessione diversa dal solo toponimo, che con ogni
probabilità, deriva dalla toponomastica del territorio sopravvissuta
lungo i secoli.
Ancora nella prima metà dell'Ottocento il borgo era costituito da
pagliai, dimore semplicissime generalmente monocamerali costruite con
muri a secco e usati dai pastori per lo svernamento in località dal
clima meno rigido di quello dei monti circostanti. La costruzione di
Palazzo Mantuano, iniziata nel 1840, è il primo segno di un sviluppo
urbanistico di un certo rilievo. Da questo primitivo nucleo e con la
costruzione delle prime strade di collegamento con i centri circostanti
(il primo collegamento stradale con Monte Sant'Angelo viene completato solo intorno al 1893)
si sviluppa un borgo agricolo che negli anni cinquanta del Novecento
diventa un piccolo comune indipendente. Il centro abitato di Mattinata
subì gravi danni e quattro vittime a causa del terremoto del Gargano del 1893.
venerdì 5 ottobre 2018
Pietrapertosa
Pietrapertosa è un comune in provincia di Potenza situato in prossimità delle suggestive vette delle Dolomiti Lucane, fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia.
Pietrapertosa si mostra come un antico borgo che è riuscito a mantenere nel tempo la fisionomia medievale soprattutto nella parte più antica situata alle pendici del Castello che conserva, ancora oggi, l’antico nome saraceno di Arabat caratterizzato da strade strette e vicoli ciechi. Le case tipicamente unifamiliari disposte a file dall’alto verso il basso, si adattano all’andamento del terreno, e diventano parte integrante dell’ambiente circostante tanto che spesso la roccia assume la funzione di parete delle abitazioni.
Visitando Pietrapertosa si ha la sensazione che tutto sia regolato in funzione della roccia, ad esempio le numerose scale, sono l’esemplificazione della simbiosi tra il paese, i suoi abitanti e la roccia, la manifestazione del vivere il proprio territorio che non può negare la presenza massiccia quasi prorompente della natura, ma deve renderla parte integrante della struttura urbanistica. Pietrapertosa prende il nome dall’antica Petraperciata, cioè forata per la presenza di una rupe forata da parte a parte, ed è il comune più alto della Basilicata, con i suoi 1088 m di altitudine, si sviluppa sulle rocce delle Dolomiti Lucane, ben protetta da eventuali incursioni dalla valle. Questo carattere di fortezza naturale e la possibilità di dominare la valle del Basento hanno contribuito a favorire la presenza dell’uomo sin dai tempi più remoti.
Oggi, dell’antico fortilizio, sono visibili parte delle mura perimetrali, l’arcone d’ingresso costruito con grossi blocchi che formano un arco a tutto sesto, lievemente ribassato, un torrione di avvistamento ed alcuni alloggiamenti incisi nella roccia. Alcuni gradini scavati direttamente sulla parete rocciosa, portano ad un osservatorio con un arco ricavato nell’arenaria. Sembra ormai chiaro che la maggior parte degli interventi di scavo nella roccia viva debbano ascriversi al periodo di costruzione mentre il versante settentrionale del castello presenta elementi architettonici riconducibili al XV e XVI secolo, opera delle dominazioni successive.
Durante la visita del paese, salendo da via Garibaldi, si impongono all’attenzione del visitatore i numerosi palazzi signorili, il cui prospetto è scandito da portali in pietra decorati con fiori, quadrati, iscrizioni o emblemi, che ricordano nobiltà scomparse, gusto per l’arte e modo di vivere dei secoli passati.
Pietrapertosa si mostra come un antico borgo che è riuscito a mantenere nel tempo la fisionomia medievale soprattutto nella parte più antica situata alle pendici del Castello che conserva, ancora oggi, l’antico nome saraceno di Arabat caratterizzato da strade strette e vicoli ciechi. Le case tipicamente unifamiliari disposte a file dall’alto verso il basso, si adattano all’andamento del terreno, e diventano parte integrante dell’ambiente circostante tanto che spesso la roccia assume la funzione di parete delle abitazioni.
Visitando Pietrapertosa si ha la sensazione che tutto sia regolato in funzione della roccia, ad esempio le numerose scale, sono l’esemplificazione della simbiosi tra il paese, i suoi abitanti e la roccia, la manifestazione del vivere il proprio territorio che non può negare la presenza massiccia quasi prorompente della natura, ma deve renderla parte integrante della struttura urbanistica. Pietrapertosa prende il nome dall’antica Petraperciata, cioè forata per la presenza di una rupe forata da parte a parte, ed è il comune più alto della Basilicata, con i suoi 1088 m di altitudine, si sviluppa sulle rocce delle Dolomiti Lucane, ben protetta da eventuali incursioni dalla valle. Questo carattere di fortezza naturale e la possibilità di dominare la valle del Basento hanno contribuito a favorire la presenza dell’uomo sin dai tempi più remoti.
Il turista che giunge a Pietrapertosa non può non
salire sul Castello altrimenti si perderebbe uno spettacolo suggestivo e
di eccezionale bellezza, difficile da descrivere. Lo sguardo può
spaziare su monti, boschi, scintillio di torrenti e fiumi, colline,
valli, che si alternano e sovrappongono tutto intorno; dalla vetta si
vive l’ebbrezza di essere proiettato tra terra e cielo.
Storia
Le origini del paese sono incerte anche se le teorie più accreditate attestano una fortificazione, attorno al IV secolo a.C., da parte della tribù Utiana che occupava l’alta e media valle del Basento. Notizie più certe si hanno a partire dal X secolo quando il borgo fortificato fu occupato da una banda di Saraceni guidata dal capo Luca, un greco convertitosi all’Islam che compì numerose scorrerie nei centri limitrofi finchè fu scacciato dall’intervento del Catepano. Il castello fu ampliato successivamente dai Normanni per assicurare una migliore difesa del luogo contro eventuali incursori. La fortezza, a cui si accede da una scalinata situata a ridosso delle ultime case del paese, poggia direttamente sulla roccia e domina sull’abitato di Pietrapertosa.Oggi, dell’antico fortilizio, sono visibili parte delle mura perimetrali, l’arcone d’ingresso costruito con grossi blocchi che formano un arco a tutto sesto, lievemente ribassato, un torrione di avvistamento ed alcuni alloggiamenti incisi nella roccia. Alcuni gradini scavati direttamente sulla parete rocciosa, portano ad un osservatorio con un arco ricavato nell’arenaria. Sembra ormai chiaro che la maggior parte degli interventi di scavo nella roccia viva debbano ascriversi al periodo di costruzione mentre il versante settentrionale del castello presenta elementi architettonici riconducibili al XV e XVI secolo, opera delle dominazioni successive.
Una visita merita la chiesa madre dedicata a San
Giacomo Maggiore, di fondazione quattrocentesca su una fabbrica
preesistente, di eccezionale valore artistico. L’interno, infatti,
custodisce diverse testimonianze dell’arte lucana databili dal XV al
XVIII secolo. Di Giovanni Luce sono i due affreschi raffiguranti il
“Giudizio Universale” e la “Serie Cristologica“, mentre le due tele con
la “Decollazione del Battista” del 1606 e una “Madonna del Carmine con
Bambino fra i SS. Giovanni Battista e Francesco”, dello stesso periodo,
sono di Pietro Antonio Ferro a cui è attribuita anche la pittura su
tavola rappresentante l’”Eterno Benedicente”.
Durante la visita del paese, salendo da via Garibaldi, si impongono all’attenzione del visitatore i numerosi palazzi signorili, il cui prospetto è scandito da portali in pietra decorati con fiori, quadrati, iscrizioni o emblemi, che ricordano nobiltà scomparse, gusto per l’arte e modo di vivere dei secoli passati.
Alla periferia del paese sorge il convento di S. Francesco d’Assisi,
fondato nel 1474, ricco di numerose opere d’arte. Il complesso
conventuale, risultato dei numerosi rifacimenti effettuati nel corso dei
secoli, è organizzato intorno ad un chiostro quadrato. A ridosso del
lato occidentale sorge la chiesa a navata unica con copertura lignea a
capriate ed un presbiterio a pianta quadrata con soffitto a crociera.
Punto focale della chiesa è il Polittico, ubicato sulla parete di fondo,
attribuito a Giovanni Luce con l’Eterno, Cristo in Pietà, Annunciazione
e Santi e la statua lignea nell’edicola raffigurante la Madonna delle
Grazie. Lo stesso autore firma gli affreschi campiti sulle pareti del
presbiterio, realizzati nel primo trentennio del XV secolo, che
raffigurano il Ciclo cristologico ed episodi della vita di S. Francesco.
Nella navata sono presenti altre opere di pregevole manifattura come
l’affresco della “Madonna con Bambino tra SS. Pietro e Paolo” firmato da
Antonello Palumbo del 1498, l’affresco della “Madonna del Rosario tra i
due S. Giovanni” realizzato da Nicola da Novi, ed ancora le tele di un
“S. Antonio” del Pietrafesa del 1631, e dell’Immacolata di Francesco
Guma del 1628. Al piano superiore vi è la cantorea con il coro ligneo,
completamente intagliato del XVI secolo, di eccezionale pregio
artistico.
Castelmezzano
Castelmezzano è un comune in provincia di Potenza, tra i tesori più belli della Basilicata.
Castelmezzano è una delle due stazioni dove si effettua il Volo dell’Angelo.
Lo spettacolo più affascinante di Castelmezzano è quello offerto dallo scenario delle Dolomiti Lucane che gli fanno da sfondo. Nel tempo la pioggia e il vento hanno scavato in questa roccia arenaria sagome a cui la tradizione popolare ha dato nomi particolari, infatti con particolari condizioni di luce e di ombre assumono la forma di becco della civetta, di bocca di leone, di incudine e di aquila reale.
L’arrivo nel piccolo borgo è alquanto inusuale perché vi si entra da una galleria scavata nella roccia dopo aver superato una spettacolare gola, all’uscita dalla galleria Castelmezzano appare come un piccolo presepe arroccato e protetto dalle Dolomiti Lucane.
Castelmezzano è una delle due stazioni dove si effettua il Volo dell’Angelo.
Lo spettacolo più affascinante di Castelmezzano è quello offerto dallo scenario delle Dolomiti Lucane che gli fanno da sfondo. Nel tempo la pioggia e il vento hanno scavato in questa roccia arenaria sagome a cui la tradizione popolare ha dato nomi particolari, infatti con particolari condizioni di luce e di ombre assumono la forma di becco della civetta, di bocca di leone, di incudine e di aquila reale.
L’arrivo nel piccolo borgo è alquanto inusuale perché vi si entra da una galleria scavata nella roccia dopo aver superato una spettacolare gola, all’uscita dalla galleria Castelmezzano appare come un piccolo presepe arroccato e protetto dalle Dolomiti Lucane.
La struttura urbana di Castelmezzano è tipicamente
medievale, un agglomerato concentrico di case con tetti a lastre di
pietra arenaria incastrate in una conca rocciosa. Passeggiare per il
centro storico è particolarmente suggestivo per la presenza delle
costruzioni inserite nella nuda roccia, per le numerose scale ripide che
si aprono tra i vicoli e che invitano a salire alle vette sovrastanti e
godere dei meravigliosi panorami delle Dolomiti Lucane. Proprio questo
rapporto equilibrato del centro abitato con le componenti naturali,
rispettando il paesaggio circostante, ha permesso a Castelmezzano di
essere definita città-natura ed inserita nel club de I borghi più belli d’Italia.
Cuore della vita cittadina è piazza Caizzo al cui
centro si erge la chiesa madre di Santa Maria dell’Olmo con la sua
maestosa facciata in stile romanico, rivestita con pietra locale a
faccia vista e scandita da quattro colonne ed un architrave decorato da
fiori, leoni e aquile a due teste.
Al centro una nicchia ospita l’affresco di San Rocco protettore del paese. L’interno, ad una sola navate e quattro cappelle, custodisce numerose opere di alto valore artistico tra cui la bella statua della Madonna dell’Olmo, scultura lignea di grande pregio databile alla fine del XIII secolo, e ancora la tela della Sacra Famiglia firmata da Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, natio dell’odierna Satriano di Lucania, uno dei massimi esponenti della cultura pittorica lucana tra tardo manierismo e barocco le cui numerose opere sono disseminate nelle chiese e nei conventi della regione.
Al centro una nicchia ospita l’affresco di San Rocco protettore del paese. L’interno, ad una sola navate e quattro cappelle, custodisce numerose opere di alto valore artistico tra cui la bella statua della Madonna dell’Olmo, scultura lignea di grande pregio databile alla fine del XIII secolo, e ancora la tela della Sacra Famiglia firmata da Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, natio dell’odierna Satriano di Lucania, uno dei massimi esponenti della cultura pittorica lucana tra tardo manierismo e barocco le cui numerose opere sono disseminate nelle chiese e nei conventi della regione.
Percorrendo la strada principale del paese,
partendo dal palazzo del Municipio, si raggiungono i ruderi del
castello, di probabile epoca normanna anche se le notizie sulle origini
sono poche ed incerte, oggi sono ancora visibili una parte del muro di
cinta, resti di mura rialzati sulla roccia, una cisterna per la raccolta
delle acque meteoritiche, e la lunga e ripida scalinata scavata nella
roccia che porta ad un probabile posto di vedetta, da dove era possibile
sorvegliare la sottostante vallata del fiume Basento.
Non meno notabili sono i palazzi di questo piccolo
centro. A cominciare dal Palazzo Ducale appartenuto ai De Lerma, ultimi
signori di Castelmezzano, che si trova nelle vicinanze del castello dove
aveva dimora la guarnigione del duca. Il palazzo, databile al XVIII
secolo, presenta sulla facciata principale un maestoso portale con
grosse bugne sovrastato da un grande loggiato. Palazzo Coiro, situato
alle spalle della chiesa madre e costruito nel XIX secolo, presenta vari
balconi sorretti da mensole e ringhiere in ferro battuto di pregevole
fattura, la facciata che si apre sulla strada principale presenta un bel
portale in pietra locale.
Fuori dal paese, sentieri, scalinate e ponticelli in pietra permettono di raggiungere la vallata del Caperrino, caratterizzata dalla presenza di resti di antichi mulini costruiti a secco i cui tetti sono realizzati con lastre di pietra locale dette “chiang” nel dialetto locale. Dalla vallata attraversando un ponte in pietra ad arcata unica, forse di epoca romana, è possibile risalire e raggiungere la vicina Pietrapertosa.
Fuori dal paese, sentieri, scalinate e ponticelli in pietra permettono di raggiungere la vallata del Caperrino, caratterizzata dalla presenza di resti di antichi mulini costruiti a secco i cui tetti sono realizzati con lastre di pietra locale dette “chiang” nel dialetto locale. Dalla vallata attraversando un ponte in pietra ad arcata unica, forse di epoca romana, è possibile risalire e raggiungere la vicina Pietrapertosa.
Castelmezzano rientra con il suo territorio nell’area del Parco di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane che offre oltre alle incontaminate bellezze paesaggistiche, tracce di una storia millenaria per la presenza delle mura megalitiche dell’insediamento lucano di Croccia Cognato del IV sec. a.C.
Nel borgo ogni anno a settembre, in occasione delle celebrazioni religiose in onore di S. Antonio, si rivive una delle tradizioni più antiche: la festa del Maggio, che rappresenta un inno alla fertilità della terra, attraverso il rituale dell’unione di un tronco di cerro e di una cima di agrifoglio festosamente trasportati dal bosco al paese, il primo trainato da coppie di buoi, la seconda a spalla dai giovani del paese. Il trasporto processionale dei due alberi è sicuramente la fase più spettacolare e coinvolgente che permette alla folla di diventare parte integrante del rito nuziale. La festa termina in paese dove cima e tronco vengono uniti, innalzati e scalati da parte degli abitanti più arditi.
Celebrazioni molto simili e con lo stesso significato simbolico si celebrano in altri centri limitrofi, come Accettura, Oliveto Lucano e Pietrapertosa.
Le Dolomiti lucane
Le Dolomiti Lucane sono il rilievo montuoso che nel cuore della
Basilicata caratterizza il paesaggio con spettacolari guglie e sagome
che hanno suggerito nomi fantasiosi come l’aquila reale, l’incudine, la
grande madre, la civetta.
Le Dolomiti Lucane si trovano nel territorio dei comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa, un luogo che ha un paesaggio particolarmente affascinante comunque ci si muova lungo le strade che conducono ai due borghi situati in prossimità di vette disposti uno di fronte all’altro. Proprio questa particolare ubicazione consente di effettuare un incredibile volo attraverso lo spazio che separa i due paesi: è il Volo dell’Angelo.
Le Dolomiti Lucane si trovano nel territorio dei comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa, un luogo che ha un paesaggio particolarmente affascinante comunque ci si muova lungo le strade che conducono ai due borghi situati in prossimità di vette disposti uno di fronte all’altro. Proprio questa particolare ubicazione consente di effettuare un incredibile volo attraverso lo spazio che separa i due paesi: è il Volo dell’Angelo.
Le immagini del paesaggio
A ridosso delle vette delle Dolomiti Lucane vi sono i Comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa posti rispettivamente a 870 e a 1.090 metri sul livello del mare. Da questi paesi è possibile ammirare l’incredibile paesasggio delle Dolomiti nonchè percorrere i numerosi sentieri con i quali raggiungere i posti più suggestivi.
Le Dolomiti Lucane sono montagne
la cui nascita risale al periodo del Miocene medio circa 15 milioni di
anni fa durante il quale si formarono in fondo al mare le arenarie che
oggi ne costituiscono le rocce. Il gruppo di montagne più elevato è
quello della Costa di S. Martino chiamato Piccole Dolomiti in quanto
ricorda le caratteristiche delle famose Pule Trentine. Altrettanto
importanti sono i picchi delle Murge di Castelmezzano e le guglie di
Monte Carrozze.
Negli anfratti più inaccessibili, fanno il loro nido splendidi esemplari di cicogna nera, nibbio reale, gheppio, falco pellegrino. Benchè le guglie risultano quasi prive di vegetazione, si trovano interessanti specie di piante quali la valeriana rossa, la lunaria annua, l’onosma lucana.
Negli anfratti più inaccessibili, fanno il loro nido splendidi esemplari di cicogna nera, nibbio reale, gheppio, falco pellegrino. Benchè le guglie risultano quasi prive di vegetazione, si trovano interessanti specie di piante quali la valeriana rossa, la lunaria annua, l’onosma lucana.
Le spettacolari cime sono in netto contrasto con il
paesaggio circostante caratterizzato da forme più dolci e arrotondate
come la vicina montagna del Capperino. A rendere ancor più suggestivo il
luogo vi è il torrente Rio di Capperino, un affluente del Basento che
ha scavato una profonda gola che divide a Nord le Murge di Castelmezzano
dalla Costa di S. Martino a sud.
Il percorso delle sette pietre
Il percorso delle sette pietre si sviluppa lungo un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano con andamento a quote variabili: da 920 metri a Pietrapertosa scende fino a 660 metri nella valle attraversata dal torrente Caperrino e risale a 770 metri a Castelmezzano.Il percorso turistisco è stato realizzato ispirandosi ai racconti tramandati nella tradizione locale per generazioni e dall’immaginario collettivo su cui si fonda il testo Vito ballava con le streghe di Mimmo Sammartino.
Percorso narrato
Lungo il sentiero la narrazione avviene in forme visive, sonore ed evocative con una storia incisa sulle pietre.Ogni tappa del percorso ha uno spazio allestito dove è situata una o più opere artisticche che richiama una sequenza del racconto, con effetti sonori che regalano ulteriori suggestioni alla magia del contesto naturale.
Le tappe del percorso sono sette e ognuna di esse è identificata da una parola o un titolo che fa parte del racconto: destini, incanto, sortilegio, streghe, volo, ballo, delirio. Nel mezzo del percorso, nel cosidetto Antro delle Streghe a valle del Rio Caperrino al visitatore viene proposta l’intera storia, attraverso elementi di suggestione scenografica e sonora.
Lungo il sentiero vi sono tre percorsi in parallelo:
Le immagini del paesaggio
A ridosso delle vette delle Dolomiti Lucane vi sono i Comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa posti rispettivamente a 870 e a 1.090 metri sul livello del mare. Da questi paesi è possibile ammirare l’incredibile paesasggio delle Dolomiti nonchè percorrere i numerosi sentieri con i quali raggiungere i posti più suggestivi.Negli anfratti più inaccessibili, fanno il loro nido splendidi esemplari di cicogna nera, nibbio reale, gheppio, falco pellegrino. Benchè le guglie risultano quasi prive di vegetazione, si trovano interessanti specie di piante quali la valeriana rossa, la lunaria annua, l’onosma lucana.
Le spettacolari cime sono in netto contrasto con il
paesaggio circostante caratterizzato da forme più dolci e arrotondate
come la vicina montagna del Capperino. A rendere ancor più suggestivo il
luogo vi è il torrente Rio di Capperino, un affluente del Basento che
ha scavato una profonda gola che divide a Nord le Murge di Castelmezzano
dalla Costa di S. Martino a sud.
Il percorso delle sette pietre
Il percorso delle sette pietre si sviluppa lungo un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano con andamento a quote variabili: da 920 metri a Pietrapertosa scende fino a 660 metri nella valle attraversata dal torrente Caperrino e risale a 770 metri a Castelmezzano.Il percorso turistisco è stato realizzato ispirandosi ai racconti tramandati nella tradizione locale per generazioni e dall’immaginario collettivo su cui si fonda il testo Vito ballava con le streghe di Mimmo Sammartino.
Percorso narrato
Lungo il sentiero la narrazione avviene in forme visive, sonore ed evocative con una storia incisa sulle pietre.Ogni tappa del percorso ha uno spazio allestito dove è situata una o più opere artisticche che richiama una sequenza del racconto, con effetti sonori che regalano ulteriori suggestioni alla magia del contesto naturale.
Le tappe del percorso sono sette e ognuna di esse è identificata da una parola o un titolo che fa parte del racconto: destini, incanto, sortilegio, streghe, volo, ballo, delirio. Nel mezzo del percorso, nel cosidetto Antro delle Streghe a valle del Rio Caperrino al visitatore viene proposta l’intera storia, attraverso elementi di suggestione scenografica e sonora.
Lungo il sentiero vi sono tre percorsi in parallelo:
La passeggiata letteraria
La fruizione del paesaggio e del percorso tematizzato in compagnia di frammenti narrativi tratti da Vito ballava con le streghe;
Il percorso visionario
La scoperta di un itinerario articolato in 7 installazioni artistiche che riprendono l’immaginario popolare condiviso;
L’itinerario paesaggistico
Teso a scoprire le peculiarità del paesaggio naturale lungo un percorso articolato su aree di sosta posizionate negli intervalli tra le diverse tappe.
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