Santorini (in italiano anche Santorino[1]; in greco moderno Σαντορίνη, Santoríni, in greco antico Θήρα, Thera) è l'isola più meridionale dell'arcipelago delle Cicladi, nel mare Egeo. La sua superficie è di 79,194 km². Il nome Santorino, per corruzione di Sant'Erini, le fu dato dai Veneziani in onore di Santa Irene,
martire del 304, a cui era dedicata la basilica di Perissa, villaggio
nella parte sud-orientale dell'isola. Dal punto di vista amministrativo
rappresenta parte del comune omonimo, nella periferia dell'Egeo Meridionale.
È un'isola vulcanica, originariamente circolare, con una laguna marina interna e un ampio cratere,
posto circa 20 km a sud-ovest dalla costa interna proprio al centro
della laguna. L'acqua del mare penetrava attraverso l'unica via
d'accesso ai porti interni, delimitata ai lati da due scogliere.
Il capoluogo dell'isola è Fira.
Il secondo centro abitato che si trova a nord dell'isola è Oia (si legge Ia), antico centro rinomato per i suoi mulini a vento e da cui si possono ammirare i tramonti sul mare Egeo.
Un'altra località dell'isola è Imerovigli, vicino a Fira, la quale è conosciuta per il suo panorama e per i suoi tramonti.
Sull'isola non ci sono semafori.
Il punto più alto dell'isola è il monte Profitis Illas a 567 m. È un piccolo vulcano con una piccola caldera.
Le principali risorse economiche sono date dall'esportazione della pozzolana, dai vini pregiati e dal turismo. Nell'isola si produce un ottimo vino dal sapore dolce e molto corposo, il Vin santo, da non confondere con l'omonimo vino toscano.
Il turismo sull'isola si estende da maggio a tutto ottobre.
Storia
L'isola di Santorini, agli inizi del 1200 venne ceduta come baronato ai veneziani, diventando la sede del vescovo cattolico. Fu proprio il veneziano Giacomo Barozzi
a darle il nome attuale, per la presenza sull’isola di una cappella
dedicata a Sant'Irene, situata nei pressi di una baia che faceva da
porto alla flotta veneziana. [2]
Il principato dei veneziani comprendeva le isole di Santorino, Thira e
Nasso che mantenne per ben duecento anni. Tale principato riconosceva
alla famiglia una fiducia illimitata, essendo tali isole d'importanza
strategica vitale nella Repubblica Veneta. [3] [4]
Ciò non fermò le incursioni ottomane: l'isola infatti fu conquistata dall'ammiraglio ottomano Piyale Paşa nel 1576, ed entrò a far parte del dominio semi-autonomo ebreo di un sultano, Giuseppe Nasi. Ripresero a loro volta le incursioni veneziane, che portarono a frequenti guerre ottomane-veneziane, in particolare la guerra di Candia. [5] [6]
Nel 1967 nella località di Akrotiri, gli archeologi riportarono alla luce un'antica città, quasi completamente intatta e coperta come Pompei
da antiche ceneri. Il ritrovamento fu catalogato come tra i più
importanti nella storia dell'archeologia. Diverse case portate alla luce
presentavano un sofisticato sistema idraulico, con bagni e acque correnti che defluivano in un perfetto sistema fognario[7]. Questo sito testimonia una delle prime forme di ingegneria urbana mai scoperte nella storia.
Eruzione vulcnica
L'isola fu sventrata in parte da un'apocalittica eruzione del vulcano avvenuta intorno al 1627 a.C. (datazione stabilita da Manning, nel 2006, attraverso accurate analisi al C14 e dendrocronologiche) e invasa successivamente quasi del tutto dal mare.
Fu la più imponente eruzione avvenuta in Europa documentata in epoca storica[8][9] e, secondo alcune teorie, avrebbe avuto conseguenze devastanti per la civiltà minoica:
sarebbe stata, infatti, la principale causa dell'inizio del suo
completo declino; secondo studi recenti, l'eruzione del vulcano provocò
dapprima una pioggia di pomici e ceneri, poi piovvero massi più grossi e
infine la caratteristica pomice
rosa che ha reso celebre l'isola. Quindi il vulcano esplose: un getto
di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera
ad una velocità di 2000 km/h facendo udire i suoi boati dall'Africa alla Scandinavia, dal Golfo persico a Gibilterra.
Le ceneri furono sparse per molti chilometri e trasformarono il giorno
nella notte più cupa e alterarono, probabilmente, albe, tramonti e
condizioni meteorologiche.
Alcune teorie basate sui rinvenimenti archeologici trovati a Creta indicano che uno tsunami, probabilmente associato all'eruzione, colpì le aree costiere di Creta e può avere duramente devastato gli insediamenti minoici[10][11]
anche se una più recente teoria ipotizza che molto del danno provocato
ai siti fosse dovuto a un grande terremoto che precedette l'eruzione di
Thera[12].